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2018_04_19-22 – Scilla-Cuore – Scilla

Auditorium Maria S.S. Immacolata – Chiesa Madre Scilla, 19-22 marzo 2018 Programma del Convegno Primo annuncio Evento ideato e organizzato dal dott. Vincenzo Montemurro, che con maestria è riuscito ad armonizzare le complesse problematiche delle varie patologie cardiovascolari, affidando lo svolgimento delle stesse a relatori di alto profilo. Patrocinato da...

Focus: quali sono le fasce muscoloscheletriche e come funzionano?

Focus: quali sono le fasce muscoloscheletriche e come funzionano?

 

Per poter comprendere la funzione delle fasce muscolo-scheletriche è fondamentale conoscere  la loro anatomia e la loro correlazione nel corpo umano.

Il termine “fascia profonda” si riferisce allo strato di tessuto connettivo denso, fibroso e ben organizzato che interagisce con i muscoli. Il ruolo della fascia profonda è quello di mettere in comunicazione gli elementi anche distanti del sistema muscolo-scheletrico mediante la trasmissione di forze (1).

A seconda dello spessore e delle relazioni con gli strati sottostanti possiamo individuare due tipi di fasce muscolari: la fascia aponeurotica e la fascia epimisiale.

Il termine “fascia aponeurotica” indica uno spesso (1mm) strato fibroso ben definito che riveste e mantiene in loco un gruppo di muscoli o che funge da  inserzione ai muscoli larghi. Questo tipo di fascia è costituita da più strati composti da fibre collagene in parallelo con una disposizione a “onda”, questi sono tra loro orientati formando angoli di 75°-80° differenziandosi così dai tendini che contengono fibre disposte in una unica direzione (2). La fascia aponeurotica si continua con il periostio, il paratenon, il fascio neurovascolare e le capsule articolari; alcuni esempi sono la fascia toracolombare, la bandelletta ileotibiale e la fascia antibrachiale.

Esiste un fitto network di arteriole e vene tra i sottostrati profondi e superficiali di tale fascia(3); Warveille e Battacharaya hanno dimostrato  che essa contiene anche canali linfatici percorsi da un abbondante flusso di liquido linfatico (4). All’interno della fascia aponeurotica troviamo un alto numero di terminazioni nervose sia libere che incapsulate(inclusi corpuscoli di Pacini e Ruffini) che sono strettamente collegate con le fibre collagene circostanti e lo stroma fibroso che costituisce la fascia; l’innervazione della fascia aponeurotica è maggiore negli strati superficiale e intermedio mentre è quasi inesistente nello strato profondo; si ipotizza che la  maggiore o minore presenza di terminazioni nervose  sia legata alla loro funzione.

 

La prevenzione del diabete mellito tipo 2 nell’anziano: da millenni resta valido l’insegnamento di Ippocrate

 

Nel 2009 il diabete veniva indicato come causa principale di morte in 20.760 casi e come concausa in 71.978 casi. Il Sud rappresenta a tutt’oggi il maggior serbatoio di persone pari a circa 1.000.000, affette dalla malattia, una volta e mezzo più numerosi di quelli residenti nelle regioni del Nord-Ovest e del Centro, il doppio rispetto ai residenti del Nord-Est e il triplo di quanti vivono nelle Isole. Attualmente sanno di esserne colpiti oltre 3 milioni di pazienti, per la maggior parte appartenenti alle classi più povere e all’età anziana, caratterizzate entrambi da una grande prevalenza di adiposità viscerale (se non obesità) e di inattività fisica, due fattori di rischio fondamentali per il diabete tipo 2 (DMT2, insulino-resistente).

In relatà gli ultra-settantacinquenni, che di per sé assommano al 40% di tutti i pazienti con DMT2, rappresentano il 20% della popolazione generale e non a caso i geriatri hanno sottolineato il forte legame esistente fra DMT2 ed invecchiamento, ben descritto nella Fig.1. Entrambi i fattori infatti  sono caratterizzati da un’elevata prevalenza di infiammazione cronica di basso grado, malnutrizione, insulino-resistenza ed obesità sarcopenica, con conseguente ridotta massa e forza muscolare, esauribilità fisica, ridotta resistenza alla fatica. Tutti questi purtroppo sono responsabili nel loro insieme di disfunzione degli arti inferiori e propensione a cadute rovinose con ospedalizzazione protratta e conseguente rapida progressione dalla fragilità alla disabilità [1].

9° Congresso Nazionale Multidisciplinare ACSA-onlus – Roma

Auditorium dell’Ospedale Madre Giuseppina Vannini Roma il 6-7 aprile 2018 Programma Preliminare del Congresso Locandina del Congresso Il Congresso Nazionale ACSA è da sempre una occasione di incontro dei soci di tutte le delegazioni regionali. È un momento di condivisione delle varie esperienze scientifiche ed assistenziali e di miglioramento delle...

Epigenetica e rischio cardiovascolare

di Francesco Martino ed Eliana Martino.

Le malattie cardiovascolari (MCV) sono la principale conseguenza dell’aterosclerosi, un processo cronico-degenerativo che, come dimostrato da importanti e numerose ricerche, ha le sue origini in età pediatrica, fin dall’età gestazionale. Ogni anno nell’Unione Europea si verificano 1,8 milioni di decessi e si spendono circa 210 miliardi di euro per malattie ed eventi cardiovascolari, che potrebbero essere ridotti dell’80% eliminando i fattori di rischio.

In Italia il tasso di mortalità per MCV è pari a 383 morti ogni 100 mila abitanti (Eurostat, Public health, 2013); ogni anno sono oltre 135 mila gli eventi coronarici acuti (infarti), e circa un terzo di questi ha un esito fatale. È stato evidenziato, inoltre, che chi ha avuto un primo infarto ha maggiori probabilità di rischio di averne un secondo. La possibilità di ricovero, infatti, entro i due anni dal primo evento coronarico acuto, è superiore al 60% dei casi e il 30% di questi è dovuto a una nuova sindrome coronarica acuta.

L’idea che i segni di aterosclerosi e le MCV siano clinicamente rilevanti solo durante l’età adulta e anziana è cambiata negli ultimi anni. Vi è crescente evidenza, infatti, che le malattie cronico degenerative dell’età adulta cominciano a formarsi nelle prime fasi dello sviluppo e della crescita.

Già dagli anni 80 del secolo scorso Barker ipotizzava che le più frequenti patologie dismetaboliche acquisite, tipiche dell’età adulta, sarebbero legate al fenomeno del “fetal programming”: nel caso in cui le capacità dell’unità materno-placentare non soddisfino le richieste del feto, i primitivi adattamenti di questo favorirebbero lo sviluppo di patologie quali l’ipertensione arteriosa, le malattie cardiovascolari e il diabete mellito tipo II (1,2).

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