Alcuni tristi pensieri sulla Medicina Difensiva: paura o alibi? La Carta di Saint Vincent
Si è registrata negli anni recenti in Italia una situazione che deriva dalla massificazione della medicina che ha, in parte, perso la sua funzione empatica e relazionale e, come logica conseguenza, dalla lievitazione di un contezioso tra medico e paziente. Il medico, specie se giovane e all’inizio della carriera, si è visto giudicato e sorvegliato costantemente dalla Magistratura, non sempre in modo sereno, realistico e obiettivo per il fatto oggi che l’errore nella prestazione sanitaria viene considerato inaccettabile in ragione degli sviluppi della scienza medica.
Negli ultimi decenni molto spesso la classe medica è stata messa sotto accusa e altrettanto frequentemente è stata condannata sia civilmente sia penalmente per quella ambigua situazione, mai definita in modo esaustivo, che è la “malpractice”.
Si è registrata, negli anni recenti, in Italia, una situazione che deriva da un lato dalla massificazione della medicina che ha, in parte, perso la sua funzione empatica e relazionale e dall’altra come logica conseguenza, anche sulla spinta di quanto di norma si verifica negli USA, la lievitazione di un contezioso tra medico e paziente. Il medico, specie se giovane e all’inizio della carriera, si è visto giudicato e sorvegliato costantemente dalla Magistratura, non sempre in modo sereno, realistico e obiettivo per il fatto che l’errore oggi nella prestazione sanitaria viene considerato inaccettabile in ragione degli sviluppi della scienza medica (1).
Nello stesso tempo la giurisprudenza della Cassazione ha fatto rientrare la prestazione professionale fra le obbligazioni di risultato e conseguentemente la responsabilità del medico in quelle “paraoggettive”, cioè responsabilità senza colpa. Ne discende che il medico si trova sempre nella situazione di dimostrare agli altri la bontà del suo operato e la negatività che un eventuale danno lamentato dal paziente non può in alcun modo derivare dal suo intervento. Si è lentamente instaurato nell’immaginario, e non solo, del sanitario la sensazione di dover far molto o di dover far poco, onde evitare possibili accuse di malpractice, attestandosi, in tal modo in un fortino difensivo, che, purtroppo, non sempre risulta inespugnabile.
Nasce la Medicina Difensiva nell’intento di evitare ogni forma di contenzioso medico legale, nella misura in cui l’attività diagnostica o terapeutica prescritta non è rivolta alla salute del paziente ma solo a garantire l’impunità del sanitario. La Medicina Difensiva è suddivisa in positiva (assurance behaviour) o negativa (avoidance behaviour). La prima esprime una posizione cautelativa del medico, che prescrive analisi o trattamenti terapeutici non necessari e, spesso, inutili. La Medicina Difensiva negativa si attua quando il sanitario esclude determinati pazienti, ritenendoli a elevato rischio. La Medicina Difensiva positiva esprime, in buona sostanza, l’eccessiva cautela del sanitario, che per evitare l’eventualità di possibili ricorsi da un paziente, che giudicherebbe il suo operato non consono alle linee guida di cura previsti per la sua patologia, prescrive extra-test o trattamenti non giustificati.
Anni fa, quando non si parlava ancora di consenso informato o di Medicina Difensiva e i medici raramente erano citati in giudizio, lo spartiacque per un medico empatico era il depistage o il check up. Il medico attuava il depistage, avendo chiaro, dall’anamnesi e dall’esame obiettivo, il sospetto clinico della presenza di una determinata patologia e prescriva di conseguenza solo poche e specifiche indagini o eseguiva trattamenti mirati in funzione di quel sospetto clinico. Era il depistage la conseguenza di una medicina attenta, che valutava correttamente segni e sintomi e si prefiggeva di “stanare” una malattia di cui sospettava la presenza. I costi erano in tal caso molto limitati.
Il check up, trovava la sua genesi negli USA e fu importata negli anni ’60 in Europa, come moda, richiesta prima ancora che dai medici, dai pazienti che volevano avere la certezza di una salute integra certificata da una serie numerosa di esami. Accertamenti o trattamenti non correlati a patologie, ma spesso eseguiti solo per certificare l’assenza di uno stato di malattia. In tal modo, il check up risulta un modo scorretto di procedere, costoso e non sempre giustificato ed è un vero e proprio antesignano della Medicina Difensiva, in quanto attuandolo il medico riteneva di operare in tutta sicurezza.
Indagine conoscitiva sull’applicazione da parte dei medici della Medicina Difensiva
L’Ordine dei Medici e Odontoiatri di Roma, volendo valutare l’entità del fenomeno, ha svolto un’indagine conoscitiva, distribuendo un questionario a 800 medici di Roma e Provincia. Il questionario si prefiggeva di evidenziare il timore e la paura del medico e le conseguenze in termini economici. Autori della ricerca sono stati il Prof. Mario Falconi, Presidente dell’Ordine e il Prof. Aldo Piperno, Ordinario di Scienze dell’Organizzazione all’Università Federico II di Napoli.
Il 78.2% dei medici intervistati si sente oggi più a rischio di ricevere un esposto o denuncia e il 65% si sente sotto pressione nella pratica clinica quotidiana. Tali paure hanno generato un comportamento anomalo di autodifesa, per cui solo per ragioni di Medicina Difensiva, il 53% degli intervistati ha dichiarato di prescrivere farmaci (13% del totale), il 73% visite specialistiche (21% del totale), il 71% esami di laboratorio (21% del totale), il 75% esami strumentali (22,6% del totale), il 49,9% ricoveri ospedalieri (11% circa di tutte le prescrizioni).
Secondo tale indagine la stima della spesa secondaria alla Medicina Difensiva sarebbe pari all’11,8% della spesa sanitaria totale. Cosa fare per interrompere questo circuito perverso della “cultura della colpa”?
La Carta di Saint Vincent a cura dell’ AcEMC
Per tutelare sia il paziente sia l’operatore sanitario l’ Academy of Emergency Medicine Care (AcEMC) del Dipartimento d’Emergenza e della Direzione generale dell’ASL di Aosta, in collaborazione con l’Università di Milano-Bicocca, ha organizzato un Convegno Nazionale a Saint Vincent il 29-30 Novembre 2010 su “Errore e responsabilità nelle organizzazioni sanitarie complesse”.
1.327 medici di diverse specialità, provenienti da tutta Italia hanno risposto ai quesiti via web, per posta elettronica o fax o direttamente in sede di convegno.
L’indagine ha fatto emergere che il 90,5% degli intervistati ammette di aver adottato nell’ultimo mese almeno un comportamento di Medicina Difensiva (esami di laboratorio non necessari, annotazioni inutili in cartella clinica, consulenze specialistiche non necessarie, ricovero per pazienti gestibili in laboratorio e altro).
1. Apprendere l’errore: occorre considerare l’errore un evento da cui apprendere per evitare che si ripeta. |
2. Consolidare il rapporto di fiducia tra il professionista sanitario e il paziente: il sanitario, in caso di errore, deve impegnarsi a una comunicazione trasparente nel rispetto della persona coinvolta, dei suoi familiari e del codice deontologico. |
3. Superare il mito dell’infallibilità: il professionista sanitario deve basarsi sul metodo scientifico e sulle prove di efficacia (Medicina Basata sull’Evidenza), tenendo conto del consenso informato della persona, evitando comportamenti difensivi. |
4. Dalla blame culture alla just culture: è auspicabile promuovere processi di just culture in cui i professionisti siano messi in grado di distinguere i comportamenti accettabili da quelli non accettabili. |
5. Promuovere organizzazioni ad alta affidabilità: i sistemi sanitari dovrebbero essere progettati e gestiti secondo i principi di management delle organizzazioni ad alta affidabilità (con alta efficienza, basso tasso d’errore, lavoro di team). Occorre favorire lo sviluppo delle non technical skills (abilità cognitive personali e sociali necessarie alla realizzazione dei performance sicure), attivando percorsi formativi accademici e istituzionali. |
6. Sviluppare sistemi di gestione del rischio clinico: è necessario dotare le organizzazioni sanitarie di strumenti di segnalazione e di gestione che permettano di correggere tempestivamente gli errori e che siano in grado di costruire barriere difensive capaci di prevenirli. L’Ospedale Molinette di Torino ha adottato la cosiddetta “scatola nera”, sistema di sicurezza capace di ricercare le cause degli incidenti. |
7. Modificare il sistema normativo: la Carta precisa che è stato proprio l’eccessivo accanimento dei pazienti a trascinare in giudizio i medici e a incrementare la Medicina Difensiva. |
Carta di Saint Vincent a cura dell’Academy of Emergency Medicine Care (AcEMC) del Dipartimento d’Emergenza e della Direzione generale dell’ASL di Aosta. |
Convegno Nazionale di Saint Vincent (AO), 29-30 Novembre 2010 – Errore e responsabilità nelle organizzazioni sanitarie complesse. |
Maurizio Catino dell’Università Milano-Bicocca scrive a proposito che “il ruolo strategico di governo del risk manager è rilevante. La just culture è una cultura equa e giusta, in cui gli operatori vengono puniti esclusivamente per gli atti di grave negligenza, per le violazioni dannose e per le azioni distruttive considerate non tollerabili. Si tratta di una cultura che promuove le segnalazioni degli errori, dei problemi e l’apprendimento organizzativo”.
A Saint Vincent i medici hanno fortemente ribadito che non vogliono rinunciare a curare i malati ma, nello steso tempo, desiderano che tale impegno deontologico venga da essi ricambiato con la massima fiducia nella loro capacità professionale.
Dall’analisi dei vari convegni sull’argomento e dalla discussione che ne è scaturita, si ritiene che ormai non può più attendere una ridefinizione sul concetto di Responsabilità del Medico, che limiti la responsabilità civile e penale del sanitario ai soli eventi avversi realizzati con colpa grave.
Sempre Mario Catino conclude il suo articolo “Dilaga la Medicina Difensiva” (24 ore-Sanità: 25, 22-28 marzo 2011) scrivendo “L’obiettivo è ricercare un equo bilanciamento tra l’esigenza di salvaguardare gli operatori sanitari da iniziative giudiziarie che troppo spesso vengono avvertite come arbitrarie e ingiuste e la necessità di tutelare i diritti dei pazienti che si ritengano danneggiati da episodi di malpractice.
Carmine Macchione
Direttore Scientifico ACSA Magazine,
già professore di Geriatria e Gerontologia dell’Università di Torino