Ansia, depressione e insonnia

Dott.ssa Simona Mondino
Dott. Antonino Cotroneo

Simona Mondino*, Antonino Maria Cotroneo**
*Geriatra – SC Geriatria OMV ASL Città di Torino
** Direttore SC Geriatria OMV ASL Città di Torino

È noto ormai da qualche tempo come ansia e depressione siano strettamente associate ad alterazioni dell’architettura del sonno. In particolare, del sonno REM che diventa più abbondante, più precoce nella sua insorgenza e più frequente. Allo stesso modo è ormai dimostrato che l’insonnia abbia un ruolo nella comparsa dei disturbi d’ansia e dell’umore. Numerose indagini epidemiologiche hanno rilevato come l’andamento nel corso della vita dei disturbi del sonno corra spesso parallelo a quello della depressione. Altri Approfondimenti hanno inoltre proposto la difficoltà ad avere un sonno ristoratore come fattore di rischio per l’insorgenza della depressione stessa. Gli insonni cronici vanno, infatti, incontro a una probabilità doppia non solo di svilupparla rispetto ai non insonni, ma anche a una ricaduta entro i due anni.

L’insonnia inoltre rappresenta un predittore maggiore di insorgenza dell’ansia e i soggetti con associati disturbi del sonno e ansia presentano un maggior rischio di comorbilità e una scarsa responsività ai trattamenti. L’ansia e il disordine mentale più comune. La prevalenza globale stimata dei disturbi d’ansia nel 2020 era di 3824,9 per 100000 abitanti, equivalente a 298 milioni di persone. La prevalenza globale stimata dei disturbi d’ansia nel 2020 era di 3824,9 per 100000 abitanti, equivalente a 298 milioni di persone. L’ansia è caratterizzata da sentimenti esagerati e persistenti di paura e preoccupazione che non sono legati o proporzionati a una minaccia reale e che determinano un’alterazione della funzionalità nelle attività quotidiane

Il Disturbo d’ansia generalizzato è caratterizzato sovente da:

Ansia e preoccupazione relativa a eventi o attività quotidiane (problematiche lavorative, economiche, famigliari)

  • per la maggior parte dei giorni per almeno sei mesi
  • eccessive rispetto alla reale probabilità dell’evento temuto
  • interferenza con l’attenzione ai compiti che si sta svolgendo
  • compromissione del funzionamento sociale, lavorativo ecc…
  • Sovente accompagnate da irrequietezza, facile affaticamento, difficoltà di concentrazione, irritabilità, tensione muscolare e alterazioni del sonno.

I disturbi del sonno-veglia comprendono un ampio spettro di patologie.

Insoddisfazione rispetto alla durata, la collocazione temporale e la qualità del sonno. Lo stress e la compromissione delle attività diurne sono gli aspetti essenziali condivisi.

L’Insoddisfazione per la qualità o quantità del sonno associata a:

  • difficoltà nell’addormentamento e\o
  • nel mantenimento
  • risveglio precoce.

Questa condizione causa disagio significativo o deficit nelle attività della vita quotidiana

  • Ha una durata di almeno 3 mesi per almeno 3 notti alla settimana
  • Non è spiegabile da altre patologie/abuso di sostanze
  • Alta prevalenza di disturbi del sonno in soggetti ansiosi, in particolare alterazione soggettiva del sonno, riduzione del tempo di sonno totale e della profondità del sonno
  • Ciascun disturbo d’ansia presenta un distinto pattern di alterazione del sonno
  • Indipendente dalla presenza o meno di disturbo depressivo

Per questo piuttosto che semplice predittrice e facilitatrice della comparsa dei disturbi d’ansia e di depressione, l’insonnia è ormai considerata dagli esperti la via finale di un processo comune.

Il sonno è uno stato dell’organismo caratterizzato da una ridotta reattività agli stimoli ambientali, che comporta una sospensione dell’attività relazionale e modificazioni dello stato di coscienza.

Il sonno si instaura autonomamente e periodicamente, si autolimita nel tempo ed è reversibile.

Il ritmo del giorno viene azzerato e sincronizzato ogni giorno dalla luce, che viene ricevuta dalla retina.

L’impulso luminoso viene trasmesso al nucleo soprachiasmatico (SCN) nell’ipotalamo dal tratto retino-ipotalamico.

Ogni mattina la trascrizione del criptocromo (CRY1-2) e periodo (PER1-3) viene attivato attivando prodotti genici codificati dai geni dal BMAL1 e CLOCK. I geni del criptocromo e del periodo vengono fosforilati nel citoplasma, si accumulano in circa 12 h. Quindi il fosforilato, determinando la durata del ciclo. Le proteine ​​CRY e PER nel citoplasma entrano nel nucleo, dove sopprimono la funzione attivante di BMAL1 e CLOCK, che interrompe la trascrizione di ulteriori geni CRY e PER (ciclo di feedback negativo). Pertanto, i geni core clock gestiscono l’orologio molecolare di 24 ore tramite un interbloccato ciclo di feedback trascrizionale-traduzionale, che genera la regolazione circadiana di un corpo importante funzioni come il rilascio di ormoni (melatonina, cortisolo ecc.), la temperatura corporea, il battito cardiaco e il sonno. Il sonno è uno stato biologico e comportamentale, comune a tutti gli animali,  indispensabile per il corretto funzionamento del cervello. La funzione restaurativa del cervello è affidata al sonno e non può essere vicariata dal riposo senza dormire. Il ritmo sonno-veglia riveste un ruolo centrale nel mantenimento dell’equilibrio psico-fisico di ogni individuo. Una sua marcata alterazione è spesso un sintomo che accompagna i disturbi psichiatrici maggiori, ma si osservano variazioni interindividuali parafisiologiche che non rivestono un significato patologico (cronotipi).

Alcuni soggetti preferiscono andare a letto presto e svegliarsi presto (morning-type), mentre altri preferiscono andare a letto tardi e svegliarsi tardi (evening-type). La relazione tra i ritmi circadiani ed i cronotipi è primariamente geneticamente determinata.

Alcuni dati indicano che addormentarsi tardi la sera è un’abitudine associata all’iperaGli eccessi alimentari notturni sono associati a disturbi del sonno (riduzione della durata del sonno, aumento della latenza di sonno).

Ricerche più recenti propongono che la disregolazione del sonno possa essere influenzata da più geni che controllano non solo l’orologio biologico e il sonno ma anche il sistema dello stress in generale. Si sta sempre più convalidando l’idea che i meccanismi che sottendono i disturbi dell’umore, in cui la risposta individuale e non ottimale allo stress, influenzata dall’interazione geni-ambiente, risulta compromessa, giochino un ruolo importante anche nelle alterazioni del sonno.

I ricercatori che cercano di comprendere i legami esistenti tra insonnia e depressione, sono inoltre riusciti ad evidenziare un’ulteriore proprietà che accomuna i disturbi del sonno REM a quelli di chi soffre di disturbi dell’umore, ovvero la disfunzione della plasticità del cervello, attraverso un cattivo adattamento allo stress. I neuroni sono infatti deputati a ricevere e a processare gli stimoli che ci giungono dall’esterno rendendoci capaci di reagire a questi ultimi promuovendo comportamenti adeguati.

Accade così che alcune aree cerebrali, quali l’ippocampo, l’amigdala e la corteccia prefrontale rimodellano la loro struttura per far fronte allo stress. Se questo adattamento non avviene si instaura una certa vulnerabilità che contribuisce a sviluppare i disturbi dell’umore. La compromissione del sonno REM riflette pertanto questo mancato assecondamento dell’organismo allo stress ed è coinvolto anche nel perpetuarlo.

Quali meccanismi si celano sotto di essa? Quando essa sopraggiunge, che cosa succede alla struttura del sonno e al normale funzionamento del cervello?

Alla base dei disturbi dell’umore e dei disturbi del sonno ci sono delle reti neurali complesse.

Nel complesso gli studi che hanno investigato gli effetti della perdita di sonno sull’attività cerebrale usando fMRI dimostrano un’amplificazione delle attività della corteccia cingolata anteriore, dell’amigdala e delle regioni ipotalamiche e talamiche regolanti il sonno quando vengono processate immagini negative. La perdita di sonno riduce le attivazioni della corteccia prefrontale e le interconnessioni con l’amigdala portando nel complesso a un’incapacità di discernere l’effettivo carico emozionale di alcune immagini. Altro regolatore fondamentale è il sistema dell’adenosina, i cui recettori modulano la sovraeccitazione e giocano un ruolo fondamentale nella regolazione di ansia, veglia e sonno. In particolare, le deprivazioni si sonno aumenta la disponibilità dei recettori A 1, mentre un recupero di ore di sonno lo riduce in particolare nelle regioni coinvolte in paura e ansia come l’CAA insula amigdale.

Si è osservato che anche polimorfismi genetici di questi recettori possono determinare un aumento dell’ansia e un’alterazione delle fasi del sonno.

Ulteriori studi di neuroimaging con il ricorso alla risonanza magnetica funzionale indicano che la mancanza di sonno amplifica l’attività della cosiddetta “rete della paura” che include il sistema limbico e la “rete della salienza” coinvolta nel controllo cognitivo che include la corteccia cingolata dorsale anteriore e l’insula anteriore. Inoltre, l’impatto della carenza di sonno sulla genesi dell’ansia è dovuto all’attività della corteccia prefrontale mediale e alla connessione con le regioni limbiche. Le evidenze emerse poi tramite l’imaging molecolare mostrano come alcuni meccanismi di neurotrasmissione che sono alla base della regolazione del ritmo sonno-veglia, come il sistema adenosinergico e colinergico, sono anche coinvolti nell’insorgenza dell’ansia. Studi clinici hanno poi dimostrato una netta diminuzione del sonno profondo non- REM rispetto ai soggetti sani e a soggetti con altre patologie psichiatriche. Inoltre, una riduzione del tempo che intercorre tra sonno non-REM e sonno REM e un significativo incremento di quest’ultimo e dal lato neurobiologico, un’alterazione dell’equilibrio dei neurotrasmettitori con la prevalenza di quelli del sistema colinergico -anch’esso coinvolto nella regolazione della risposta allo stress. Possiamo pertanto dire che l’insonnia non si lega dunque ai disturbi dell’umore con un semplice rapporto vicendevole di causa effetto, ma che esista un legame profondo tra queste patologie e che non solo condividano dei circuiti neuronali, ma che questi si rinforzino vicendevolmente. La riprova dell’effetto destabilizzante su più larga scala dell’insonnia sul nostro organismo è data dal fatto che una qualità e quantità di sonno insufficiente espone a un maggior rischio di sviluppare comorbilità come diabete di tipo 2 e ipertensione. Tale evidenza rafforza pertanto l’ipotesi di un network non lineare. In particolare, il sonno REM, o meglio una sua alterazione, sembra essere al centro di questa più ampia disregolazione. A esso si imputano inoltre le distorsioni cognitive riferite dai soggetti con disturbi dell’umore come pure gli sbilanciamenti nello sviluppo neurobiologico che possono portare alla depressione osservati durante le fasi della crescita. Poiché il sonno REM ha dimostrato di modulare in modo significativo la nostra sfera psicologica, emotiva e cognitiva, si ritiene che abbia un ruolo importante nell’insorgenza e nel decorso della depressione dell’ansia, nei sintomi e nell’espressione dei cambiamenti del sonno nell’AD avvengono ben prima della comparsa del declino cognitivo.

Anche l’aumento di h sonno o sonnolenza diurna sembra contribuire ad una diagnosi di AD per follow-up a due anni.  Pazienti con interruzioni di sonno frequenti aumentano di 1,5 volte il rischio di demenza.                                         

L’insonnia è un sintomo cardine della Night-Eating Syndrome (NES e riguarda l’alimentazione. 

  • La Night Eating Syndrome (NES) è caratterizzata da un pattern di assunzione di cibo ritardata, in cui la maggior parte delle calorie giornaliere viene consumata la sera o durante i risvegli notturni. La prevalenza della NES nella popolazione generale è di 1.5%. La prevalenza sale nettamente nella popolazione di pazienti psichiatrici (12%), essendo strettamente correlata ai disturbi del sonno.     Questo requisito viene soddisfatto quando il paziente si sveglia durante la notte e prima di tornare a letto assume una certa quantità di cibo, in pieno stato di coscienza.Quest’ultima precisazione è importante per distinguere la NES dai “Sleep Related Eating Disorders” (SRED). I pazienti affetti da SRED tipicamente assumono cibo in uno stato di semi-incoscienza, e ciò può portare ad ingerire anche oggetti non commestibili (ad esempio le sigarette o il cibo per animali). Oltre a questo, i soggetti affetti con SRED si differenziano dai night eaters perché mostrano un’amnesia completa, o quantomeno parziale, riguardo a questi episodi. È presente nel 4% dei maschi e nel 2% delle donne in Europa. L’OSAS da restrizione del sonno, il controllo dello stimolo, ridurre la quantità di tempo a letto effettivamente trascorso, il controllo dello stimolo, il rilasssamento e la riabilitazione cognitiva. È un fattore di rischio per ipertensione, malattia coronarica e scompenso cardiaco e svolge un ruolo nella morte improvvisa cardiovascolare.  Il rischio di malattia cerebrovascolare è più elevato nei pazienti con grave OSAS rispetto alla popolazione. Si riduce la fase III Non REM e la fase REM ed aumenta la fase I e II Non REM. Inoltre, aumentano i risvegli frequenti e di conseguenza i microsonnellini diurni.

Raccomandazioni non farmacologiche.

La stanza in cui si dorme non dovrebbe ospitare altro che l’essenziale per dormire. Si deve stabilire una condizione di relax che favorisca l’inizio ed il mantenimento del sonno notturno.

L’ambiente in cui di dorme deve essere sufficientemente buio, silenzioso e di temperatura adeguata (evitare l’accesso di caldo o di freddo).Evitare di assumere , in particolare nelle ore serali, bevande a base di caffeina e simili (caffè, the, cioccolata) e alcolici (vino, birra , superalcolici). Evitare pasti serali ipercalorici  o comunque abbondanti e ad alto contenuto di proteine (carne , pesce). Evitare di fumare, soprattutto nelle ore serali. Il sonnellino diurno deve essere breve. Evitare in particolare i sonnellini dopo cena, nella fascia oraria prima di coricarsi. Evitare, nelle ore prima di coricarsi, l’esercizio fisico di media – alta intensità (attività in palestra). Evitare il bagno caldo serale prima di coricarsi ma almeno 2 h prima. Evitare, dopo cena, lavori al PC e videogiochi. Orari regolari nel coricarsi la sera ed alzarsi al mattino.

Farmaci che “disturbano” il sonno:

Antidepressivi (SRRI – SNRI)  

  • Corticosteroidi
  • Beta bloccanti
  • Teofillina
  • Levodopa
  • Alfa-metildopa

Benzodiazepine (effetto paradosso)

Le Benzodiazepine rappresentano la classe farmacologica più ampiamente utilizzata nel trattamento dell’insonnia. Sono la classe di psicofarmaci più utilizzata nella medicina generale e specialistici.  Farmaci di maggior consumo negli anziani, in particolare nelle donne e in quelli con problemi sociali.

Rischio di tolleranza, dipendenza e abuso. Gli anziani sono particolarmente sensibili agli effetti avversi tra cui sedazione diurna, vertigini, confusione, deterioramento cognitivo, cadute.Alto rischio di tolleranza, dipendenza e abuHigh risk of tolerance, dependence and abusRischio elevato di tolleranza, dipendenza e abusHigh risk of tolerance, dependence and abusImpossibile caricare i risultati co

Le benzodiazepine sono la categoria a maggior acquisto, rappresentando il 18,7% della spesa e circa il 27,9% delle DDD della classe C. Incremento di circa il 9,5% rispetto all’anno precedente.

Peggiorano la qualità del sonno (aumenta il sonno profondo e si riduce il sonno leggero), insonnia di rimbalzo, riduzione del sonno a onde lente ed ansia e agitazione alla sospensione.

In uno studio di Yaffe, K e Boustanui, M., gli autori rinforzano il sospetto di una possibile associazione diretta delle benzodiazepine (BDZ) sulla genesi della demenza, ma non escludono che l’assunzione di questi farmaci possa rappresentare un marcatore precoce di una condizione associata ad un aumentato rischio di demenza.

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Suggerimenti sull’utilizzo delle BZD:

  • Prescrivere la dose minima efficace
  • Limitare la durata del trattamento (rivalutazione rischio/beneficio)
  • Utilizzare BDZ a breve o brevissima emivita
  • Utilizzare BDZ senza metaboliti attivi (per es. Lorazepam, Oxazepam, ecc.)
  • Evitare BDZ a pazienti confusi o con problemi di alcolismo
  • Valutazione interazione con altre sostanze depressogene sul SNC (alcol, antipsicotici, antistaminici, ecc.).

Raccomandazioni per i pz con demenza:

  • Il trattamento dei disturbi del sonno dei pz. dementi è identico ai non dementi  
  • Il trattamento delle patologie mediche e psichiatriche è prioritario
  • I trattamenti non farmacologici sono raccomandati
  • Si devono prendere in considerazione i fattori influenti sullo stile di vita
  • La gestione dei disturbi del sonno può aver bisogno di differenti tipi di trattamento

Raccomandazioni per il caregiver:

  • Cercare di rendere il girovagare notturno del malato privo di pericoli
  • Prevenire l’insonnia ed il girovagare notturno
  • Limitare i sonnellini diurni e mantenerlo attivo
  • Cercare di scoprire se l’insonnia ha qualche causa specifica (troppa luce, confusione, letto scomodo, ecc)
  • Un po’ di latte può conciliare il sonno
  • Consultare il medico se si ha il sospetto che il parente sia depresso o ansioso o possa avere qualche malattia fisica.

Lo studio dei meccanismi che sottendono questi disturbi e il modo in cui interagiscono è fondamentale per poter definire la cornice biologica e le basi patogenetiche comuni che le caratterizza e pertanto contribuire ad individuare delle strategie di trattamento mirate, in particolare per le forme di insonnia e nei disturbi dell’umore che presentano scarsa risposta alla terapia farmacologica. Inoltre, permetterebbero di implementare trattamenti che hanno come target entrambi i disturbi andando a modulare reti neurali comuni.

È necessario un approccio multimodale volto a cambiare l’approccio mentale nei confronti dell’insonnia.

Antonino Cotroneo

Geriatra – SC Geriatria OMV ASL Città di Torino

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