Non si può arrivare a parlare delle ulcerazioni venose degli arti inferiori senza avere idea del continuum che è rappresentato dalla malattia venosa cronica (MVC). Siamo purtroppo abituati a considerare questa patologia come secondaria e soprattutto da affrontare solo quando visibile sia clinicamente sia sintomatologicamente. La realtà però è un’altra. Lo studio del Vein Consult Program, pubblicato nel 2012 e che raccoglieva i dati da un campione di oltre 10.000 pazienti dell’ovest Europa (7 paesi), ha dimostrato in maniera inequivocabile come nella nostra società 8 persone su 10 siano afflitte da un qualsivoglia stadio della MCV indipendentemente dal grado di gravità con cui si manifesta e dalla presenza di sintomi (22% malattia con segni senza sintomi, 42% di malattia con sintomi senza segni). (1)
Ormai è assodato che la patologia venosa si sviluppa quando compare un aumento della pressione venosa ortostatica ed il ritorno ematico è ostacolato da incontinenza del circolo superficiale o profondo, delle perforanti, ostruzione venosa o associazione di una o più condizioni. Datano almeno al 2006 gli studi che dimostrano senza possibilità di equivoco come la relazione emodinamica – flogosi sia alla base della sintomatologia e scateni il danno d’organo che se non trattato adeguatamente, sconfina senza possibilità di arresto spontaneo negli stadi più gravi della malattia, quelli con danno cutaneo visibile. (2)