Categoria: ACSA Magazine

Focus: quali sono le fasce muscoloscheletriche e come funzionano?

Focus: quali sono le fasce muscoloscheletriche e come funzionano?

 

Per poter comprendere la funzione delle fasce muscolo-scheletriche è fondamentale conoscere  la loro anatomia e la loro correlazione nel corpo umano.

Il termine “fascia profonda” si riferisce allo strato di tessuto connettivo denso, fibroso e ben organizzato che interagisce con i muscoli. Il ruolo della fascia profonda è quello di mettere in comunicazione gli elementi anche distanti del sistema muscolo-scheletrico mediante la trasmissione di forze (1).

A seconda dello spessore e delle relazioni con gli strati sottostanti possiamo individuare due tipi di fasce muscolari: la fascia aponeurotica e la fascia epimisiale.

Il termine “fascia aponeurotica” indica uno spesso (1mm) strato fibroso ben definito che riveste e mantiene in loco un gruppo di muscoli o che funge da  inserzione ai muscoli larghi. Questo tipo di fascia è costituita da più strati composti da fibre collagene in parallelo con una disposizione a “onda”, questi sono tra loro orientati formando angoli di 75°-80° differenziandosi così dai tendini che contengono fibre disposte in una unica direzione (2). La fascia aponeurotica si continua con il periostio, il paratenon, il fascio neurovascolare e le capsule articolari; alcuni esempi sono la fascia toracolombare, la bandelletta ileotibiale e la fascia antibrachiale.

Esiste un fitto network di arteriole e vene tra i sottostrati profondi e superficiali di tale fascia(3); Warveille e Battacharaya hanno dimostrato  che essa contiene anche canali linfatici percorsi da un abbondante flusso di liquido linfatico (4). All’interno della fascia aponeurotica troviamo un alto numero di terminazioni nervose sia libere che incapsulate(inclusi corpuscoli di Pacini e Ruffini) che sono strettamente collegate con le fibre collagene circostanti e lo stroma fibroso che costituisce la fascia; l’innervazione della fascia aponeurotica è maggiore negli strati superficiale e intermedio mentre è quasi inesistente nello strato profondo; si ipotizza che la  maggiore o minore presenza di terminazioni nervose  sia legata alla loro funzione.

 

La prevenzione del diabete mellito tipo 2 nell’anziano: da millenni resta valido l’insegnamento di Ippocrate

 

Nel 2009 il diabete veniva indicato come causa principale di morte in 20.760 casi e come concausa in 71.978 casi. Il Sud rappresenta a tutt’oggi il maggior serbatoio di persone pari a circa 1.000.000, affette dalla malattia, una volta e mezzo più numerosi di quelli residenti nelle regioni del Nord-Ovest e del Centro, il doppio rispetto ai residenti del Nord-Est e il triplo di quanti vivono nelle Isole. Attualmente sanno di esserne colpiti oltre 3 milioni di pazienti, per la maggior parte appartenenti alle classi più povere e all’età anziana, caratterizzate entrambi da una grande prevalenza di adiposità viscerale (se non obesità) e di inattività fisica, due fattori di rischio fondamentali per il diabete tipo 2 (DMT2, insulino-resistente).

In relatà gli ultra-settantacinquenni, che di per sé assommano al 40% di tutti i pazienti con DMT2, rappresentano il 20% della popolazione generale e non a caso i geriatri hanno sottolineato il forte legame esistente fra DMT2 ed invecchiamento, ben descritto nella Fig.1. Entrambi i fattori infatti  sono caratterizzati da un’elevata prevalenza di infiammazione cronica di basso grado, malnutrizione, insulino-resistenza ed obesità sarcopenica, con conseguente ridotta massa e forza muscolare, esauribilità fisica, ridotta resistenza alla fatica. Tutti questi purtroppo sono responsabili nel loro insieme di disfunzione degli arti inferiori e propensione a cadute rovinose con ospedalizzazione protratta e conseguente rapida progressione dalla fragilità alla disabilità [1].

Epigenetica e rischio cardiovascolare

di Francesco Martino ed Eliana Martino.

Le malattie cardiovascolari (MCV) sono la principale conseguenza dell’aterosclerosi, un processo cronico-degenerativo che, come dimostrato da importanti e numerose ricerche, ha le sue origini in età pediatrica, fin dall’età gestazionale. Ogni anno nell’Unione Europea si verificano 1,8 milioni di decessi e si spendono circa 210 miliardi di euro per malattie ed eventi cardiovascolari, che potrebbero essere ridotti dell’80% eliminando i fattori di rischio.

In Italia il tasso di mortalità per MCV è pari a 383 morti ogni 100 mila abitanti (Eurostat, Public health, 2013); ogni anno sono oltre 135 mila gli eventi coronarici acuti (infarti), e circa un terzo di questi ha un esito fatale. È stato evidenziato, inoltre, che chi ha avuto un primo infarto ha maggiori probabilità di rischio di averne un secondo. La possibilità di ricovero, infatti, entro i due anni dal primo evento coronarico acuto, è superiore al 60% dei casi e il 30% di questi è dovuto a una nuova sindrome coronarica acuta.

L’idea che i segni di aterosclerosi e le MCV siano clinicamente rilevanti solo durante l’età adulta e anziana è cambiata negli ultimi anni. Vi è crescente evidenza, infatti, che le malattie cronico degenerative dell’età adulta cominciano a formarsi nelle prime fasi dello sviluppo e della crescita.

Già dagli anni 80 del secolo scorso Barker ipotizzava che le più frequenti patologie dismetaboliche acquisite, tipiche dell’età adulta, sarebbero legate al fenomeno del “fetal programming”: nel caso in cui le capacità dell’unità materno-placentare non soddisfino le richieste del feto, i primitivi adattamenti di questo favorirebbero lo sviluppo di patologie quali l’ipertensione arteriosa, le malattie cardiovascolari e il diabete mellito tipo II (1,2).

La Fascia: una nuova chiave di lettura del dolore

La Fascia: una nuova chiave di lettura del dolore

Dott.ssa Clara Fagioli

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una costante crescita dell’interesse della letteratura scientifica nei confronti del tessuto fasciale: gli studi che sono stati portati avanti ci hanno permesso di abbandonare la vecchia concezione di “Fascia” come organo inerte di rivestimento, attraverso l’approfondimento delle sue caratteristiche e funzioni.

Si è arrivati a definire la correlazione tra le Fasce muscolari e alcune fra le patologie più diffuse, prima per tutte la lombalgia che affligge circa 15 milioni di persone solo in Italia. Anche le tecniche manuali e le tecniche di diagnostica strumentale si stanno sviluppando orientate sempre di più in questa direzione.

 

Intervista all’Avv. Gian Paolo Zanetta, direttore generale della Città della salute e della scienza di Torino

Intervista all’Avv. Gian Paolo Zanetta, direttore generale della Città della salute e della scienza di Torino

A cura di Giuseppe Luciano

Questa intervista al Direttore generale della Città della salute e della scienza di Torino apre un programma di presentazione del profilo e dello stile professionale dei manager delle Aziende più interessanti del Servizio sanitario nazionale, nonché delle iniziative adottate per migliorare l’efficienza della loro gestione.

La Città della Salute e della Scienza di Torino è il polo sanitario più grande a livello nazionale ed europeo, contando oltre diecimila dipendenti e garantendo diagnosi, cura e assistenza sanitaria di terzo livello in molteplici percorsi di cura, con approcci multidisciplinari che assicurino cure appropriate e altamente qualificate. Come è noto, con i suoi molteplici presidi ospedalieri di riferimento regionale (Molinette, San Lazzaro – ospedale San Giovanni antica sede, CTO – istituto chirurgico Maria Adelaide, Ospedale infantile Regina Margherita, ospedale osterico-ginecologico Sant’Anna), grazie anche all’apporto della facoltà universitaria di Medicina e Chirurgia di Torino, costituisce un’Azienda sanitaria competitiva a livello europeo, anche nel campo della ricerca.

L’importanza della doppia broncodilatazione nei pazienti BPCO

La BPCO è una malattia in continua e costante espansione sia per quanto riguarda i casi accertati che per il numero dei decessi ad essa legati. Le autorità sanitarie e le società scientifiche di tutto il mondo registrano infatti un incremento costante e allarmante della malattia, per cui è indispensabile ogni sforzo mirato al controllo della medesima. Questa patologia, di grande rilevanza nel mondo industrializzato, conta nel mondo oltre 210 milioni di casi (© World Health Organization 2007), mentre in Italia la stima è di 3 milioni di malati, di cui oltre 60.000 in Ossigenoterapia a Lungo Termine (necessità di assunzione di Ossigeno per almeno 18 ore al dì) e circa 20.000 in ventiloterapia (ventilazione meccanica che fornisce aria arricchita di ossigeno mediante maschere facciali) . Si calcola che nel 2030 questa patologia sarà la III causa di morte nel mondo e che nel 2020 rappresenterà la V causa di disabilità e alterata qualità di vita.

L’andamento della BPCO è caratterizzato da riduzione del flusso espiratorio, air trapping, riacutizzazioni, creando iperinsufflazione che causa dispnea, ridotta tolleranza all’esercizio fisico, ridotta attività, scadente qualità di vita correlata allo stato di salute, progressione della malattia ed infine morte(1-2).

Aggressività e violenza – Recensione

Analisi di un libro di scottante attualità

“Aggressività e violenza, fenomeni e dinamiche di un’epoca spaventata”
Guido Lazzarini, Luigi Bollani, Francesca Silvia Rota

Editore Franco Angeli, Milano, 2017 – link al sito

 

Nella realtà odierna, la paura che i cittadini del nostro Paese affrontano concerne sempre di meno il rischio di malattie, al punto che una parte consistente della popolazione è stata facilmente orientata a negare l’importanza della vaccinazione per la prevenzione delle patologie infettive che fino a cinquanta anni facevano molte migliaia di vittime all’anno. Peraltro, specie negli ultimi decenni, si ha sempre più paura dei furti, delle rapine, degli incidenti stradali, delle aggressioni sessuali, della guerra nucleare che potrebbe essere scatenata da dittatori dissennati e ancora più del terrorismo di matrice islamica e delle violenze apparentemente immotivate che si possono concretizzare negli ambienti di vita e di lavoro e persino nelle scuole.

Una paura, di cui la sanità ha ineluttabilmente il compito di occuparsi, in quanto assume non di rado i caratteri dell’angoscia di massa, costituendo quindi un fattore di rischio per lo stato di salute.

Nonostante l’opera degli organismi internazionali attivati dopo i due grandi conflitti mondiali del Novecento, il mondo contemporaneo è ben lontano dall’auspicato traguardo di diventare il regno della fratellanza e della solidarietà tra gli uomini. La pulsione aggressiva dell’uomo continua, infatti, a sfociare in atti di violenza, tanto più devastanti in quanto la tecnologia mette a disposizione delle Stati e dei singoli, mezzi sempre più distruttivi.

Lavorando su questo argomento un folto gruppo di studiosi, tra cui sociologi, statistici sociale, studiosi di varie branche dell’economia, psichiatri, psicologi ed operatori sanitari, hanno pubblicato le loro ricerche, nel volume sopraindicato, redatto a cura di Guido Lazzarini, sociologo, Luigi Bollani, statistico sociale e Francesca Rota specialista in geografia economica. Obbiettivo del volume, articolato in cinque parti, è quello di offrire una panoramica di come sentimenti di aggressività, abitualmente presenti nei vissuti individuali e in tutte le società, “possano crescere e degenerare in atti di violenza”.

Genetica e medicina delle 4P: questo matrimonio s’ha da fare?

Antonio Vittorino Gaddi (^), Pasquale Ortasi (°), Maria Giorgia Barbieri(°), Tempesta Sergio (+), Giovanni Ussia (*), Marco Manca ($), Tommaso Diego Voci (§).

 

(^) Sezione Emilia Romagna della Società Italiana di Salute Digitale e Telemedicina e Laboratorio di Scienze e Tecnologie della Salute della GTechnology Foundation, Bologna e Modena.

(°) Struttura multifunzionale LugoMedica, Lugo

(+) TPE (Tecnobios Prenatale Eurogenlab) e Laboratorio Caravelli, Bologna

(*) Consultant Surgeon, London, UK

($) Presidente Fondazione ScimPulse, Maastricht, NL

(§) Fondatore e Rappresentante Legale ACSA Onlus, Torino/Roma

 

 

1.0 Premessa

Va oggi molto di moda la medicina delle 4P (Medicina Preventiva, Predittiva, Personalizzata e Partecipativa) se non delle 5P (4P + medicina psico-cognitiva).  Se ne trovano tracce tra i documenti del Ministero e delle varie Autorità e Istituzioni sanitarie; in alcune Regioni sono previste dai piani sanitari regionali. Ma al di là di scenari avveniristici più o meno auspicabili, cosa c’è di utile per il cittadino o per il malato – oggi- dietro queste definizioni?

Tentiamo qui una risposta razionale basata sulla letteratura recente e filtrata dal ragionamento clinico, senza pretese di esaustività, ma certi di dare un contributo dialettico e –assieme- una scossa all’ingessato sistema della diagnostica territoriale che caratterizza l’Italia e alcune zone d’Europa, osservando che in molte nazioni, e in particolare in Nord America, la letteratura si schiera sempre più a favore del ricorso alla medicina predittiva genetica (1-6).

Negli ultimi anni si è registrata l’esplosione dei test genetici offerti a tutti, in alcuni casi addirittura per l’impiego “direct to consumer” come purtroppo statuito da alcune istituzioni, tra cui la stessa Food and Drug Administration. La pressione del mercato (vendita online di test genetici, se mai effettuabili su saliva, e senza necessità di prelievo) sta muovendo interessi miliardari e, assieme, intere sezioni dell’opinione pubblica. Il caso di Angelina Jolie[1], pubblicato sul New York Times nel 2013, è oggi riportato anche su Wikipedia … e la gente parla comunemente del “gene Julie” per fare riferimento al Breast Related Cancer Antigen (BRCA)(7).

Mentre questi fenomeni mediatici “a furor di popolo” tirano la volata all’avvento di nuove forme di medicina, gli scienziati e i clinici parlano di super-convergenza di fattori innovativi che “necessariamente determineranno” l’inizio di una nuova era della medicina stessa[2],[3]. In parallelo la System Medicine e la Precision Medicine cercano ancora regole proprie e nuovi modelli applicativi (8-12) … e mentre tutto questo accade … i medici trovano difficoltà nel tradurre i dati della ricerca in benefici tangibili per i pazienti, a loro volta sensibilizzati dai media e spesso in attesa di soluzioni miracolose, o fantasiose, quando non alternative.

Questo stato di cose si riverbera negativamente anche nella interazione tra clinici, responsabili della salute e autorità sanitarie, in particolare in merito alla utilizzazione delle linee guida, oggi irrinunciabili ai sensi di Legge (L. 28-2-2017 “Gelli”), rispetto alle mutevoli attese di cura da parte dei malati e alle incredibili opportunità di cura che sia il laboratorio moderno sia i mezzi informatici ci offrono.

Proponiamo nel testo che segue la nostra visione e proposta di soluzione della questione.

 

I nuovi glucometri nella personalizzazione della cura del diabete

Felice Strollo1, Giovanna Strollo2

1 Istituto San Raffaele Termini, Roma; 2 Ospedale FBF San Pietro, Roma

 

Il monitoraggio glicemico, come affermano tutte le società diabetologiche, non è solo un metodo utile a conoscere i valori circolanti del glucosio ma anche – e soprattutto – un elemento fondamentale della cura. L’analisi del diario giornaliero delle misurazioni eseguite ad orari opportunamente prefissati, infatti, consente al paziente di adattare la terapia al proprio stile di vita e al diabetologo di sfruttare la visita periodica di controllo per rendere il paziente più partecipe, consapevole e attivo nella gestione quotidiana della patologia. 
La misurazione sfrutta la reazione di ossidazione del glucosio basandosi su due metodi alternativi, glucosio-ossidasi o glucosio-deidrogenasi: la velocità di tale reazione risulta proporzionale alla concentrazione di glucosio nel sangue e l’accoppiamento del dato elettrico alla lettura emato-chimica fornisce il risultato finale.

Nel tempo si è assistito a un progressivo miglioramento tecnologico degli strumenti, con lo sviluppo di dispositivi sempre più affidabili, pratici e facili da usare: così, dai primi misuratori degli anni ’70, basati su una striscia reattiva che modificava il colore in proporzione alla reazione del glucosio del sangue con la glucosio-ossidasi presente nella striscia stessa, si è passati ad apparecchi elettrici per effettuare una lettura colorimetrica strumentale sempre più miniaturizzati. Ora poi i glucometri, oltre ad assumere dimensioni molto piccole, sono divenuti maneggevoli, sono dotati di connessione al computer per la gestione dei dati e a volte presentano degli optional particolari, come un display colorato, elevata dimensione dei caratteri per una lettura semplificata e addirittura la possibilità di allarmi acustici e di comunicazione del risultato in lingua attraverso un piccolo altoparlante incorporato.

Il Bergamotto: bene prezioso a tutela della salute

È noto che consumare frutta e verdura rappresenta un comportamento utile per contrastare le malattie cardiovascolari e aiutare a prevenire il processo di invecchiamento e delle malattie età-correlate.

Tale affermazione, emerge dai numerosi studi epidemiologici condotti in tutto il mondo e la classe medica raccomanda, di consumare almeno cinque porzioni di frutta e verdura al giorno con l’obiettivo di combatterne l’insorgenza. Questa consapevolezza è nozione acquisita dai più autorevoli testi di scienze della nutrizione i quali, ormai da diverso tempo, sottolineano l’importanza dei così detti “cibi funzionali” particolarmente ricchi di antiossidanti che risultano capaci di neutralizzare l’organismo dai radicali liberi e di difendere le cellule dallo stress ossidativo.

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