Il Bergamotto: bene prezioso a tutela della salute

È noto che consumare frutta e verdura rappresenta un comportamento utile per contrastare le malattie cardiovascolari e aiutare a prevenire il processo di invecchiamento e delle malattie età-correlate.

Tale affermazione, emerge dai numerosi studi epidemiologici condotti in tutto il mondo e la classe medica raccomanda, di consumare almeno cinque porzioni di frutta e verdura al giorno con l’obiettivo di combatterne l’insorgenza. Questa consapevolezza è nozione acquisita dai più autorevoli testi di scienze della nutrizione i quali, ormai da diverso tempo, sottolineano l’importanza dei così detti “cibi funzionali” particolarmente ricchi di antiossidanti che risultano capaci di neutralizzare l’organismo dai radicali liberi e di difendere le cellule dallo stress ossidativo.

Negli ultimi decenni si è acceso un grande interesse su questi promettenti “farmaci naturali”, e di recente la scienza di base ha iniziato ad occuparsi di tali argomentazioni studiandone i principi attivi e gli effetti a livello cellulare e molecolare. Dai risultati ottenuti è ragionevole affermare che, già oggi siamo in grado di dare risposte ad alcuni quesiti che possono interessare il medico clinico sia sul piano culturale che professionale. Viene da porsi una domanda: Perché il mondo vegetale ci aiuta a difendere la nostra salute? Non vi è dubbio che la risposta a questa domanda va ricercata in una prospettiva di tipo evoluzionistica. Certo, pensare che la selezione naturale abbia premiato specie vegetali in grado di produrre sostanze “medicinali” utili all’uomo è un po’ azzardata. Immaginare invece che, le piante non avendo le gambe e non potendo fuggire dal terreno in cui sono radicate, per difendersi dai pericoli o cercare riparo dagli agenti dannosi presenti nell’ambiente, quindi per sopravvivere, hanno dovuto affrontare le avversità a viso aperto e sono sopravvissute solo quelle specie in grado di produrre difese molto efficaci e ad accumularle sulle parti più esposte al pericolo (superficie e ambiente interno) è molto più verosimile. Il fatto che, gli agenti ambientali lesivi per le piante e le cellule vegetali sono per gran parte gli stessi responsabili delle nostre malattie, (luce solare, freddo, calore, muffe, virus e batteri) ci consente di poter intervenire su di loro abbastanza agevolmente.

Ciò detto, viene da porsi una seconda domanda: Quali sono le “armi di difesa” prodotte dalle piante? Trattasi di sostanze chimiche, capaci di contrastare l’azione lesiva dei radicali liberi, i polifenoli. Queste sostanze che per le virtù a noi note, vengono chiamati nutraceutici o fitofarmaci, di regola vengono assorbite a livello intestinale e inserite nel metabolismo delle nostre cellule conferendo, a quest’ultime, una maggiore resistenza agli agenti lesivi ambientali, pertanto, si comportano come dei veri e propri farmaci naturali in grado di prevenire e coadiuvare in fase curativa. Queste affermazioni, a fronte delle attuali conoscenze erano già note al padre della medicina, Ippocrate, il quale sosteneva già nel IV-V secolo a.C. : “Fate che il cibo sia la vostra medicina e che la vostra medicina sia il cibo”. Ed ancora, alcune antiche civiltà come gli Egizi, gli Indiani, i Cinesi e i Sumeri hanno fornito la prova storica che gli alimenti possano essere efficacemente usati come medicine per curare e prevenire le malattie. Tale rapporto, alimentazione e benessere dell’individuo, ai nostri giorni, viene definito con il termine di “Nutraceutico”.

La “Nutraceutica” infatti è un neologismo sincratico che lega due parole: “nutrizione” e “farmaceutica”. Fu coniato negli anni ottanta dal Dott. Sthephen L. De Felice, fondatore della FIM (Foundation for Innovation in Medicine), ad indicare un “alimento” o parte di alimenti che hanno una funzione benefica sulla salute umana, inclusa la prevenzione o il trattamento della malattia. Nella letteratura scientifica attuale vengono distinti i termini “Nutraceutico” ed alimento funzionale (Functional food) detto anche “farmalimento” (Pharma food); il primo indica una sostanza ricavata dagli alimenti con proprietà medicamentose, il secondo un cibo vero e proprio, eventualmente addizionato, che possiede proprietà benefiche se inserito nella dieta. Visti i similari effetti prodotti da sostanze nutraceutiche e dagli alimenti funzionali, i due termini vengono spesso utilizzati in modo scambievole come sinonimi.

Tra i vari fitoterapici ad azione antiossidante, attualmente utilizzati per la prevenzione ed il trattamento di varie patologie metaboliche, un posto particolare occupa il Bergamotto (Citrus Bergamia Risso) che è una pianta endemica della Calabria ed in particolare della Provincia di Reggio Calabria (Litorale Ionico), il cui succo presenta una elevata concentrazione di bioflavonoidi i quali possiedono proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e vasoprotettive, nonché ipolipemizzanti ed ipoglicemizzanti. In particolare, alcuni polifenoli presenti nel succo di Bergamotto sono in grado di inibire la sintesi intraepatica dei trigliceridi (VLDL), agire sulla risposta intracellulare all’insulina, migliorandone il segnale e soprattutto inibire la sintesi del colesterolo. In riferimento alla interazione succo di Bergamotto e assetto lipidico, è il caso di precisare che, alcuni polifenoli contenuti nel succo di questo nobile agrume calabrese (Naringina ed Esperidina) in virtù di una struttura simile al substrato dell’enzima HMG-CoA reduttasi epatica (Enzima battistrada per la sintesi del colesterolo) sono in grado di inibirlo comportandosi come delle vere e proprie statine, (“statin-like” – farmaci inibitori della sintesi del colesterolo).
Ne deriva che, il succo di Bergamotto riduce i livelli di colesterolo totale nel sangue. In altri termini, i Polifenoli del Bergamotto agiscono come veri e propri inibitori diretti della HMG-CoA reduttasi analogamente a quanto effettuato dalle statine. Infatti, il succo, l’albedo di Bergamotto così come la frazione Polifenolica (BPF) contengono due flavonoidi rari: la Brutieridina e la Melitidina (isolati presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Cosenza e chiamati così: il primo in onore alla città dei Bruzi, il secondo per indicare la città di Melito Porto Salvo che trovasi sulla fascia Ionica della provincia reggina nel cui perimetro viene prodotto una significativa quantità di Bergamotto) i quali, in alcuni studi in vitro hanno dimostrato la capacità di ridurre l’attività dell’enzima acil-CoA-Colesterolo aciltransferasi (ACAT) inibendo l’assemblamento delle lipoproteine, ed ancora, per l’effetto inibitorio su un altro enzima chiave per la sintesi epatica dei trigliceridi, la fosfatidico-fosfoidrolasi (PAP) i polifenoli, di cui sopra, inibiscono la sintesi epatica dei trigliceridi. Un’ altra importante proprietà del succo di Bergamotto è la sua attività ipoglicemizzante. In particolare, i polifenoli in esso contenuti sono in grado di incrementare l’attività dell’enzima AMP-chinasi (AMPK) ciò, si traduce in un miglioramento della sensibilità all’insulina e della tolleranza glicidica aumentando l’uptake di glucosio nel muscolo e a livello epatico. Si precisa che l’AMPK è un regolatore importante del metabolismo del glucosio e degli acidi grassi in tutti i tessuti dell’organismo e rappresenta un target importante per la metformina, farmaco noto per la sua attività antidiabetica. Sul fronte dell’azione vasoprotettiva, i bioflavonoidi contenuti nel succo di bergamotto si dimostrano particolarmente efficaci nell’incrementare l’attività di alcuni enzimi ad azione antiossidante, limitando così la produzione di radicali liberi dell’ossigeno nella parete vasale, migliorando la produzione endoteliale di ossido nitrico ed esercitando una efficace proprietà antinfiammatoria. Oltre alle note proprietà antiossidanti, ipocolesterolemizzanti e ipoglicemizzanti il succo di Bergamotto sembra possedere effetti positivi anche nella Steatosi Epatica non Alcolica (NAFLD).

Potrebbero interessarti anche...

×