Il paziente iperteso “difficile” – Studio Osservazionale ACSA
L’ipertensione arteriosa è una condizione morbosa molto diffusa nei paesi occidentali e rappresenta il principale fattore di rischio per eventi cardio e cerebrovascolari. Si presenta raramente come fattore di rischio isolato rispetto ad altri fattori di natura aterogenica con i quali essa si associa determinando una condizione di potenziamento reciproco che accresce l’entità del rischio soggettivo.
L’identificazione delle persone a rischio cardio-vascolare elevato è uno degli obiettivi principali della prevenzione primaria individuale e costituisce la premessa necessaria per l’attivazione di azioni finalizzate alla riduzione dei fattori di rischio modificabili, dal cambiamento dello stile di vita all’intervento farmacologico.
La stratificazione del rischio si basa su diversi elementi, che comprendono i fattori demografici e antropometrici, l’anamnesi familiare, i valori pressori, il fumo, la glicemia e l’assetto lipidico, cui si aggiungono, tra le altre, il riconoscimento della sindrome metabolica perché essa, pur non costituendo un’entità patologica autonoma, come riconosciuto già diversi anni fa da Gerald Reaven, rappresenta una condizione caratterizzata dalla presenza di più fattori di rischio, in aggiunta all’aumento della pressione arteriosa, che aumenta in modo marcato lo sviluppo di danno d’organo e il rischio di eventi cardiovascolari.
Uno degli obiettivi della valutazione clinica del paziente iperteso dovrebbe essere quello di escludere una forma secondaria. La formulazione della diagnosi di ipertensione secondaria può infatti consentire una guarigione, evitando al paziente la necessità di una terapia medica di durata indefinita, permettendo alla società un considerevole risparmio economico.
La pressione arteriosa è una variabile dinamica e la realtà clinica non consente al medico di effettuare misurazioni dirette, corrispondenti alla continua variabilità di questo parametro emodinamico. Sono tuttavia noti e diffusi molti metodi di misurazione pressoria che consentono al medico, con buona riproducibilità, di valutare l’andamento pressorio del proprio paziente.
La misurazione della pressione arteriosa ambulatoriale è una procedura semplice, veloce e poco costosa che, se realizzata in modo standardizzato, può essere molto importante per valutare il rischio di malattia cardiovascolare. Frequentemente è necessario integrarla con il monitoraggio ambulatoriale della pressione arteriosa delle 24 ore e con il monitoraggio domiciliare della pressione arteriosa.
La prevenzione dell’ipertensione arteriosa è oggi un obiettivo possibile sia con un’alimentazione sana sia con l’aumento dell’attività fisica con conseguente riduzione del sovrappeso corporeo, sia attraverso un’adeguata terapia farmacologica.
Le Linee guida ESH/ESC ribadiscono che il beneficio del trattamento antipertensivo è innanzitutto legato alla riduzione dei valori pressori, piuttosto che alla classe di farmaci utilizzati, che vanno prescritti sempre in associazione con adeguate modificazioni dello stile di vita. L’ormai prossimo aggiornamento che verrà presentato al 23° Congresso ESH – European Society of Hypertension a Milano il 14-17 giugno terrà conto delle recenti evidenze scientifiche e segnalerà una serie di elementi e variabili cliniche da utilizzare per stratificare con ancora maggiore accuratezza il rischio cardiovascolare globale. La scelta tra le varie classi di farmaci antipertensivi si basa sulla presenza di fattori di rischio, danno d’organo e/o malattie cardiovascolari concomitanti, piuttosto che sulla futile identificazione di una classe di prima scelta, in considerazione del fatto che la maggior parte dei pazienti necessita terapia con più farmaci in combinazione.
Oggi sono disponibili farmaci sicuri che, se somministrati dal medico in modo adeguato, aiutano a tenere sotto controllo la pressione arteriosa. Abbiamo a disposizione sempre più efficaci e nuovi farmaci che agiscono sul RAAS. Ace inibitori, sartani, inibitori diretti della renina forniscono una ampia scelta per comporre nuove strategie terapeutiche.
Un ruolo importante nel trattamento dell’ipertensione arteriosa è svolto dai calcioantagonisti anche alla luce degli studi che ne hanno definito la efficacia ipotensiva e la riconosciuta specifica indicazione per la prevenzione dell’ictus.
E’ saldo il razionale sia per le evidenze cliniche sia per i meccanismi fisiopatologici implicati per una terapia di associazione fino dall’inizio del trattamento antipertensivo tra più classi di farmaci soprattutto nell’affrontare casi di ipertensione arteriosa già di secondo grado di nuova diagnosi.
Non ci dobbiamo dimenticare che ancora oggi gran parte della popolazione ipertesa non è a target. Le evidenze suggeriscono che circa il 75% dei pazienti ipertesi necessitano di una terapia di combinazione per raggiungere il target pressorio e non meno del 15-20% dei pazienti non sono controllati da una doppia associazione e devono pertanto assumere 3 o più molecole antipertensive. Le linee guida suggeriscono linee di condotta riguardo le associazioni consigliabili ed evidenziano la necessità di scegliere in base alle caratteristiche del paziente (comorbilità e fattori di rischio).
Sappiamo inoltre come il trattamento con più farmaci influenza negativamente l’aderenza e la persistenza alla terapia (Claxton et al. Clin Ther 2001;23:1296–310), peggiorando la risposta al trattamento (Gupta et al. Hypertension 2010;55:399-407) e la prognosi dei pazienti in termini di eventi cardiovascolari e di rischio di ospedalizzazioni (Mazzaglia et al. Circulation 2009;120:1598-1605).
A questo proposito ACSA-Onlus ha deciso di impegnarsi in uno studio osservazionale sui pazienti ipertesi “difficili” che riassuma quanto viene osservato giornalmente nei nostri ambulatori.
Scopo di questo studio è identificare i pazienti ipertesi più difficili da trattare, coloro cioè che necessitano di almeno tre farmaci antipertensivi, e valutarne le caratteristiche cliniche (fattori di rischio e comorbilità) per indentificare le strategie terapeutiche dei medici specialisti nella gestione di questi pazienti e determinare eventuali correlazioni tra classi farmacologiche e variabili cliniche ed anamnestiche.
Verrà utilizzata una CRF elettronica su cui convergeranno tutti i dati dei partecipanti a a questa ricerca.
Sono ovviamente invitati a questa iniziativa tutti i soci ACSA che portanno accedere alla CRF compilando la scheda di iscrizione per l’attivazione del Centro al link:
http://servizi.pegasistel.it/lab.idealmente/cfr/completa.asp
Le nostre osservazioni saranno oggetto di un incontro che si terrà a Roma nella seconda metà dell’anno in cui verranno analizzati i dati raccolti e verranno scambiate le esperienze di tutti i ricercatori.
Spero che sarete numerosi nel partecipare. L’ipertensione arteriosa è una patologia che coinvolge tutti i medici e sono sicuro rappresenterà motivo di condivisione per i soci ACSA che come è noto sono caratterizzati dalla massima multidisplinarietà.
Pietro Lentini
Presidente ACSA-onlus