IL PUZZLE DELLA FRAGILITÀ NELL’INVECCHIAMENTO: ALLA RICERCA DELL’IMMORTALITÀ O DELLA SOPRAVVIVENZA DELLE CONOSCENZE?

C. Gualtieri, S. Govoni

Dipartimento di Scienze del Farmaco, Università degli Studi di Pavia

L’invecchiamento è un fenomeno multifattoriale ed intrinsecamente complesso per cui, mentre da una parte la società si è impegnata ad indagare nuove soluzioni per prolungare l’esistenza umana, dall’altra si assiste ad un crescente interesse verso la conservazione del patrimonio individuale, le conoscenze e le esperienze personali e non più solo dei gruppi sociali.

Siamo arrivati ad essere immortali?

Nel linguaggio comune, il termine “immortale” può avere due accezioni: “non soggetto a morte” e “che esiste da sempre”. Questo dualismo concettuale affonda le sue radici in un passato lontano, dando vita a riflessioni filosofiche che hanno plasmato le menti dei più grandi pensatori: per Platone, “l’essere immortale” era riferito all’anima poiché non soggetta a morte; mentre in molti miti dell’Antica Grecia l’immortalità era concepita come una forma di perfezione, opposta alla caducità del corpo. I temi fondamentali sull’ esistenza di un’anima, l’immortalità degli enti, la definizione e la consapevolezza della propria collocazione come esseri umani conoscono posizioni diverse e contrapposte da sempre (circa 2500 anni di discussione mai giunta a termine o ad una ricomposizione). Se da un lato la filosofia si è interrogata sull’immortalità dell’essere in termini metafisici, la biologia ha intrapreso, molto più recentemente (dalla metà del ‘700 ad oggi), un percorso parallelo ma tangibile alla ricerca della massima aspettativa di vita degli organismi e dell’uomo, o di meccanismi alternativi di invecchiamento.

La perdita di resilienza biologica ed i limiti della vita umana

Uno degli aspetti più significativi dell’invecchiamento è la perdita di resilienza biologica, intesa come la progressiva riduzione della capacità dell’organismo di mantenere lo stato di omeostasi in risposta a stress fisiologici. Secondo un articolo pubblicato su Nature Communications [1], l’analisi longitudinale di alcuni marcatori biologici nel sangue potrebbe fornire un’indicazione importante per prevedere il limite massimo della durata di vita umana. I ricercatori suggeriscono che, sebbene i progressi medici abbiano aumentato l’aspettativa di vita, la capacità adattativa dell’uomo di fronte alla malattia diminuisce irreversibilmente con l’avanzare dell’età e concorre a determinare ancora oggi una barriera naturale non superata che si colloca in proiezione nell’intorno dei 130 anni [2]. Tuttavia, secondo gli stessi autori, questo limite, non sarebbe teoricamente invalicabile; piuttosto, ciò deriverebbe dal fatto che, nella maggior parte degli studi condotti, si è vagliato l’effetto delle patologie e non dell’invecchiamento in sé come fenomeno autonomo. In altre parole, l’allungamento della sopravvivenza combattendo le malattie dell’individuo durante l’intero arco della vita permetterebbe a un maggior numero di individui di raggiungere il limite sopra ricordato per superare il quale occorrerebbe studiare i meccanismi dei processi di invecchiamento in sé. Quindi, quest’ultimo, dovrebbe essere studiato in maniera indipendente, pur essendo chiaramente influenzato dalla presenza di comorbidità.

La biologia della rigenerazione e la speranza nell’immortalità

In parallelo alla ricerca sul decadimento biologico, numerosi studi hanno esaminato le potenzialità di alcune specie viventi capaci di sfuggire ai normali processi di invecchiamento. Un interessante esempio di questo fenomeno proviene dallo studio di alcune specie animali, in particolare gli Cnidari (come meduse e coralli), che possiedono buone capacità di rigenerazione. In uno studio di Pascual-Torner et al. pubblicato su PNAS nel 2022 [3], la comparazione genomica tra cnidari mortali ed immortali sembrerebbe poter offrire nuovi spunti per comprendere i meccanismi cellulari alla base della rigenerazione, della risposta allo stress e della capacità adattativa, avvicinandoci così maggiormente alla scoperta dei processi biologici alla base dell’immortalità. In particolare, questi piccoli organismi mostrano la capacità di revertire il proprio stato e, giunti alla forma matura, invece di entrare nel ciclo riproduttivo possono regredire allo stato di polipo dando origine ad una sorta di “immortalità”. Ovviamente, vi sono ricerche molto intense sui geni che mediano tali passaggi e sono implicati nella plasticità cellulare e sulle loro controparti nell’uomo.

È possibile considerare l’AI al pari dell’intelligenza animale o di quella umana?

Nel 2023, un articolo pubblicato su Nature Communications [4] ha posto una riflessione intrigante sull’evoluzione dell’AI: attraverso l’utilizzo di un innovativo test di Turing (nato nel 1950 e pubblicato sulla rivista Mind) (Riquadro 1) e integrando i progressi raggiunti nel campo della NeuroAI, sembrerebbe infatti possibile valutare la capacità dei sistemi AI di interagire con il mondo fisico ed emulare comportamenti ed abilità sensomotorie animali. Tuttavia, ad oggi, l’intelligenza artificiale rimane confinata ai concetti di Machine learning e Deep learning, limitandosi ad acquisire nuove competenze (o perfezionare quelle preesistenti) esclusivamente in risposta ad input esterni gestiti dall’intelligenza umana.

Il Test di Turing prevede un confronto tra le performance dei sistemi di AI e delle loro controparti viventi. Nella sua versione originale, proposta da Alan Turing, se un tester umano non riesce a determinare se il suo interlocutore è un sistema di AI o un altro essere umano allora l’AI supera il test. Oggi i sistemi di intelligenza artificiale superano facilmente questo test.Nella versione immaginata da Zador et al (2023) un castoro “artificiale” (che può essere un robot o una simulazione virtuale) viene testato sul comportamento specifico della specie nella costruzione della diga. Il test si considera superato se il comportamento del castoro virtuale risulta indistinguibile da quello della sua controparte vivente agli occhi di un tester umano. Nessun sistema di AI è vicino al superamento di tale test.

Riquadro 1. Confronto tra Test di Turing originale e Test di Turing proposto da  Zador e Tsao (2023).

Il ruolo dell’intelligenza artificiale e delle neuroscienze nella preservazione della conoscenza: perché parlarne?

Mentre alcuni ricercatori indagano le potenziali soluzioni biologiche per l’immortalità, altri esplorano realtà alternative volte a preservare la conoscenza e l’identità umana. In questo ambito, l’AI sta emergendo come protagonista grazie alla sua capacità di registrare e potenziare le capacità umane. L’articolo di Iglesias et al., pubblicato su American Journal of Bioethics [5], indaga il concetto di Gemelli Digitali, proponendolo come metodo per prolungare l’esperienza relazionale e l’identità dei singoli. Un argomento con implicazioni etiche e tecnologiche importanti che negli Stati Uniti conosce già applicazioni commerciali, si perdoni la rudezza, nel mercato del “caro estinto”. Al di là della critica superficiale, che cosa rappresentano questi mezzi per le persone che ne fanno uso? Saranno modelli connessi ed in grado di evolversi ed aggiornarsi con il tempo? Quale sarà il rapporto con l’interfaccia “umana”, chi deciderà di interromperlo? Cambierà l’elaborazione del lutto o si creerà un nuovo tipo di dipendenza?

Sono tutte domande che sfiorano il tema dell’immortalità o della sopravvivenza di una traccia digitale e richiedono che il mondo civile si interroghi sulle implicazioni dello switch on/off di tali interruttori. Questi sviluppi sono ulteriormente esaltati dai progressi raggiunti nel campo delle neuroscienze, come già evidenziato nel lavoro precedentemente indicato [4]. La sinergia tra neuroscienze ed intelligenza artificiale sta aprendo nuove prospettive per l’interazione tra cervello umano e macchine, con applicazioni che potrebbero favorire una vera e propria “fusione” tra mente e tecnologia [6]. Inoltre, come evidenziato dallo studio di Asgher et al. [7], l’adozione di interfacce cervello-computer (BCI) potrebbe garantire l’accessibilità a lungo termine delle capacità cognitive umane, creando nuove opportunità per l’ampliamento e la conservazione della mente in forma digitale.

La sfida della consapevolezza e della coscienza nella sopravvivenza digitale

Un aspetto ancora più profondo riguarda la questione della coscienza. Se da un lato la tecnologia può preservare i dati cognitivi, la vera sfida resta quella di comprendere se è possibile mantenere la consapevolezza e l’autocoscienza di un’entità artificiale. La teoria “Orch OR” proposta da Stuart Hameroff e Roger Penrose nel 2014 [8] e confermata di recente in un articolo pubblicato su ACS Central Science [9], suggerisce che la coscienza emerga da processi quantistici all’interno dei microtubuli cerebrali umani. Se tali teorie dovessero essere confermate, potrebbero avere implicazioni dirette sulla possibilità di “replicare” la coscienza umana in un contesto artificiale, aprendo la strada ad una nuova dimensione della sopravvivenza delle conoscenze.

Conclusione: immortali nella memoria o nella biotecnologia?

La ricerca sulla fragilità dell’invecchiamento si intreccia oggi con due obiettivi apparentemente contrastanti: l’immortalità biologica e la sopravvivenza delle conoscenze umane. Mentre la biologia ci mostra i suoi limiti e le sfide nell’estendere indefinitamente la vita, la tecnologia ci offre nuove possibilità per preservare l’identità e la coscienza umana attraverso l’utilizzo dell’AI, delle neuroscienze e delle biotecnologie. Il futuro potrebbe essere quindi non tanto un’eterna giovinezza quanto più una sopravvivenza digitale delle nostre esperienze e conoscenze, una forma di immortalità che va oltre il corpo, ma non necessariamente oltre la mente.

Bibliografia

  1. Pyrkov TV, Avchaciov K, Tarkhov AE, Menshikov LI, Gudkov AV, Fedichev PO. Longitudinal analysis of blood markers reveals progressive loss of resilience and predicts human lifespan limit. Nat Commun. 2021; 12:2765. doi: 10.1038/s41467-021-23014-1.
  2. Govoni S, Fagiani F, Lanni C, Allegri N. The Frailty Puzzle: Searching for Immortality or for Knowledge Survival? Front Cell Neurosci. 2022;16:838447. doi: 10.3389/fncel.2022.838447.
  3. Pascual-Torner M, Carrero D, Pérez-Silva JG, Álvarez-Puente D, Roiz-Valle D, Bretones G, Rodríguez D, Maeso D, Mateo-González E, Español Y, Mariño G, Acuña JL, Quesada V, López-Otín C. Comparative genomics of mortal and immortal cnidarians unveils novel keys behind rejuvenation. Proc Natl Acad Sci U S A. 2022; 119:e2118763119. doi: 10.1073/pnas.2118763119.
  4. Zador, A., Escola, S., Richards, B., Ölveczky, B., Bengio, Y., Boahen, K., Botvinick, M., Chklovskii, D., Churchland, A., Clopath, C., DiCarlo, J., Ganguli, S., Hawkins, J., Körding, K., Koulakov, A., LeCun, Y., Lillicrap, T., Marblestone, A., Olshausen, B., Pouget A., Savin C., Sejnowski T., Simoncelli E., Solla S., Sussillo D., Tolias A.S., Tsao, D. (2023). Catalysing next-generation Artificial Intelligence through NeuroAI. Nat Commun 2023; 14, 1597 (2023). Doi:10.1038/s41467-023-37180-x
  5. Iglesias S, Earp BD, Voinea C, Mann SP, Zahiu A, Jecker NS, Savulescu J. Digital Doppelgängers and Lifespan Extension: What Matters? Am J Bioeth. 2025; 25:95-110. doi: 10.1080/15265161.2024.2416133.
  6. Sung MJ, Kim KN, Kim C, Lee HH, Lee SW, Kim S, Seo DG, Zhou H, Lee TW. Organic Artificial Nerves: Neuromorphic Robotics and Bioelectronics. Chem Rev. 2025; 125:2625-2664. doi: 10.1021/acs.chemrev.4c00571.
  7. Asgher U, Ayaz Y, Taiar R. Editorial: Advances in artificial intelligence (AI) in brain computer interface (BCI) and Industry 4.0 for human machine interaction (HMI). Front Hum Neurosci. 2023; 17:1320536. doi: 10.3389/fnhum.2023.1320536.
  8. Hameroff S, Penrose R. Consciousness in the universe: a review of the ‘Orch OR’ theory. Phys Life Rev. 2014; 11:39-78. doi: 10.1016/j.plrev.2013.08.002.
  9. Kalra AP, Benny A, Travis SM, Zizzi EA, Morales-Sanchez A, Oblinsky DG, Craddock TJA, Hameroff SR, MacIver MB, Tuszyński JA, Petry S, Penrose R, Scholes GD. Electronic Energy Migration in Microtubules. ACS Cent Sci. 2023; 9:352-361. doi: 10.1021/acscentsci.2c01114.

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