Ipoacusia e decadimento cognitivo
Roberto Albera, Andrea Albera, Andrea Canale
Dipartimento di Scienze Chirurgiche
Università degli Studi di Torino
ABSTRACT
L’ipoacusia rappresenta sempre di più un problema sociale, soprattutto nel soggetto anziano. In questa fascia di età la prevalenza di ipoacusia può superare il 50%, crescendo con il progredire degli anni. Il deficit uditivo dell’anziano, definito presbiacusia, si caratterizza per un innalzamento della soglia audiometrica prevalentemente alle frequenze acute. Il deficit uditivo da presbiacusia è oggi considerato un fattore favorente o aggravante per l’instaurarsi di disturbi cognitivi nell’anziano. La rimediazione della presbiacusia, in assenza di strumenti di prevenzione e di terapia, è basata soprattutto sulla protesizzazione acustica, mediante protesi convenzionale o impianto cocleare. La loro applicazione migliora la qualità di vita del soggetto anziano riducendo il rischio di evoluzione di disturbi cognitivi.
In una popolazione che invecchia l’ipoacusia, intesa non solo come diminuzione della sensibilità dell’udito ma anche come ridotta intelligibilità, sta diventando un problema sociale che interessa una percentuale sempre più elevata di persone, con una netta prevalenza nella fascia di età senile (1).
Secondo una stima dell’OMS quasi 500.000.000 persone nel mondo sono affette da ipoacusia grave e il 15%. I dati ISTAT sulla popolazione italiana nel 2010 stimavano che in Italia vi fossero circa 7.500.000 ipoacusici anche se nella maggior parte dei casi si tratta di forme di entità lieve-media.
La stima dell’evoluzione dell’ipoacusia nel periodo compreso tra il 2000 e il 2050 prevede un incremento rilevante del numero mondiale di ipoacusici da circa 500.000.000 a circa 1.000.000.000 con una sostanziale stabilità della prevalenza di sordità nelle fasce di età pediatrica e adulta ma con un esponenziale incremento dei casi di ipoacusia nei soggetti anziani. Questo andamento è, ovviamente, conseguente all’invecchiamento della popolazione e al fatto che tuttora non sono possibili trattamenti terapeutici o preventivi efficaci (1).
Il deficit uditivo dell’anziano, definito presbiacusia, determinato mediante l’audiometria tonale liminare si caratterizza per un innalzamento della soglia audiometrica che inizialmente interessa le frequenze acute ma che si sposta, con il progredire dell’età, alle frequenze medie e gravi. Se non si associano altre patologie o fattori genetici raramente la presbiacusia determina una sordità gravissima, tuttavia la ridotta sensibilità uditiva determina la mancata percezione dei fonemi della lingua parlata da cui deriva la riduzione dell’intelligibilità con la conseguente difficoltà nella normale conversazione e in tutte le attività relazionali.
Le alterazioni anatomiche alla base della presbiacusia coinvolgono tutte le componenti della via acustica, composta da orecchio esterno, medio, interno, nervo acustico, vie acustiche centrali e corteccia uditiva primaria e secondaria. Tra tutte queste aree, tuttavia, il maggior danno si verifica a carico del recettore cocleare al quale consegue non solo una ridotta sensibilità ma anche una distorsione della percezione del contenuto frequenziale dei segnali acustici e conseguente ricaduta sull’identificazione e comprensione dei segnali acustici (1).
La riduzione d’intelligibilità si manifesta soprattutto in ambiente rumoroso in quanto il rumore di fondo agisce con effetto mascherante sul segnale utile soprattutto sulle tonalità gravi che sono le meglio conservate in caso di presbiacusia (2).
Come prima accennato nel soggetto anziano si possono sommare anche alterazioni delle funzioni corticali quali la velocità di elaborazione delle informazioni, la capacità mantenere elevata l’attenzione e la riduzione della ridondanza intrinseca, cioè del numero di neuroni deputati alla funzione uditiva. Ciò è causa di difficoltà nell’intelligibilità soprattutto per quanto attiene l’ascolto televisivo; infatti gli speaker tendono a parlare velocemente e i film sono spesso doppiati, riducendo l’apporto fornito dalla labiolettura, che facilità l’ascolto nell’ipoacusico.
Negli ultimi anni è apparsa sempre più evidente la possibilità che l’ipoacusia possa essere considerata come un fattore di rischio per l’instaurarsi di un quadro di disturbi cognitivi nell’anziano. Questo rischio è correlato con l’entità dell’ipoacusia (3).
I disturbi cognitivi nell’ipoacusico trovano una giustificazione nell’isolamento che si verifica nel soggetto ipoacusico, isolamento che deriva sia dalla difficoltà negli incontri con altre persone, e in una minore informazione attraverso i canali informativi (4). Tutto ciò appare inoltre aggravato dalla frequente associazione con i disturbi visivi. La riduzione dei due principali comunicativi non può che agire in modo devastante sullo stato cognitivo del soggetto, accentuato una condizione di iniziale demenza (mild cognitive impairment – MCI).
Dal punto di vista anatomico è stato dimostrato che la presenza di deficit uditivo determina un’atrofia di aree corticali deputate al linguaggio e alle capacità attenzionali del soggetto che ne è affetto (1).
Alla luce di queste osservazioni appare evidente come sia necessario ricorrere a tutti gli strumenti che consentano di rimediare a un quadro di deprivazione uditiva, soprattutto se di entità medio-grave entità.
Attualmente non esistono terapie mediche o chirurgiche per le quali sia stata dimostrata una sicura efficacia nel trattamento della maggior parte dei casi di ipoacusia neurosensoriale, e quindi di presbiacusia
Al fine di rimediare a queste situazioni è, innanzi tutto, necessario migliorare le condizioni di ascolto riducendo il rumore di fondo in ambito domestico; ciò può essere ottenuto isolando acusticamente il locale in cui vive il soggetto anziano.
Per quanto attiene l’ascolto televisivo, che occupa spesso una parte rilevante della giornata dell’anziano e che rappresenta il più utilizzato canale informativo e di svago, sono in corso esperimenti sull’utilità del rallentamento audio/video e dell’enfatizzazione delle frequenze centrali del campo tonale. I primi studi svolti in questi ambiti, in collaborazione con la RAI, hanno dimostrato come rallentando del 10% la velocità di eloquio o enfatizzando le frequenze 2 e 4 kHz, si ottenga un rilevante miglioramento dell’intelligibilità.
Un notevole miglioramento dell’intelligibilità può essere ottenuto mediante l’utilizzo delle cuffie. Le cuffie, oltre ad aumentare il volume di ascolto, riducono in modo rilevante il rumore di fondo. Gli aspetti negativi derivanti dall’uso delle cuffie sono il fastidio che possono generare dopo un lungo utilizzo e, soprattutto, l’isolamento del soggetto, soprattutto se vive da solo, che può non essere in grado di percepire l’eventuale squillo del campanello della porta di casa o del telefono.
Il miglior trattamento della presbiacusia è l’applicazione di una protesi acustica, il cui utilizzo deve essere favorito in tutti i casi nei quali appaia evidente un deficit comunicativo, soprattutto se vi è già un quadro di MCI.
La protesi acustica può essere definita come un amplificatore a bassa fedeltà in quanto non riproduce il segnale in ingresso rispettandone le caratteristiche acustiche ma modifica i rapporti frequenziali e di intensità contenuti nel segnale acustico in rapporto alla tipologia di ipoacusia del singolo paziente (1). Ad esempio possono venire enfatizzate solo, o prevalentemente, alcune frequenze (soprattutto quelle più acute ricordando che la presbiacusia determina principalmente un deficit alle alte frequenze) o può essere evitata l’amplificazione di suoni di elevata intensità (in quanto nell’ipoacusia neurosensoriale si verifica spesso il fenomeno del recruitment, per cui i suoni di bassa intensità non sono percepiti mentre quelli di intensità elevata sono percepiti normalmente e possono divenire fastidiosi).
Le protesi acustiche possono essere inserite nel condotto uditivo esterno (intrameatali e endoaurali); questa tipologia di protesi, in genere più gradita in quanto meno visibile, non consente, però, la correzione di deficit gravi o interessanti principalmente le alte frequenze. Di maggiore efficacia sono le protesi retorauricolari, di maggiore potenza, più adatte nella correzione di deficit uditivi alle alte frequenze e di più facile maneggevolezza per i soggetti anziani, che spesso hanno problemi articolari alla mano e deficit visivi che rendono difficile maneggiare una protesi di piccole dimensioni.
Al fine di migliorare la protesizzazione sono molto utili alcuni accessori quali i microfoni direzionali, che consentono di amplificare i segnali acustici di maggiore intensità, e i sistemi blue tooth, che, connettendo direttamente la protesi al generatore di segnale (ad esempio televisione) disattivando il microfono; questi sistemi consentono di migliorare l’intelligibilità del segnale utile rispetto al rumore di fondo.
Vi sono evidenze sull’efficacia del trattamento protesico e implantologico sullo stato cognitivo del paziente ipoacusico (5).
In Italia la protesi acustica è attualmente fornita gratuitamente a tutte le persone che siano portatrici di un grado di invalidità civile superiore al 34% e che abbiano l’ipoacusia tra le patologie che determinano il grado di invalidità. Poiché la protesi fornita dal servizio sanitario è basica il paziente può decidere di acquisirne una più sofisticata pagando la differenza al fornitore (riconducibilità).
Nonostante tutti questi aspetti positivi si rileva, soprattutto in Italia, una scarsa propensione all’utilizzo delle protesi acustiche per motivi economici, estetici e di prevenzione nei loro confronti.
Nei soggetti affetti da grave ipoacusia, in presenza di una ridotta intelligibilità vocale per cui la semplice amplificazione fornita da una protesi acustica non è sufficiente vi è la possibilità di applicare un impianto cocleare (1). Si tratta di una protesi acustica molto sofisticata che, inserita chirurgicamente nell’orecchio interno, stimola direttamente le fibre del nervo acustico, superando il problema della ridotta discriminazione frequenziale della coclea patologica.
L’applicazione dell’impianto cocleare trova indicazione sia nelle gravi sordità congenite che nelle gravi sordità dell’adulto; negli ultimi anni è emersa chiaramente l’utilità del recupero uditivo fornito dall’impianto cocleare nel miglioramento dello stato cognitivo del paziente gravemente ipoacusico e vi è sempre più letteratura circa la sua applicazione nel soggetto ultrasettantacinquenne (6).
Bibliografia
- Albera R e Rossi G. Otorinolaringoiatria. Edizioni Minerva Medica Torino, 2016.
- Albera R. Orecchio e musica. Edizioni Minerva Medica Torino, 2017.
- Shukla A, Harper M, Pedersen E, Gorman A, Suen JJ, Price C, Applebaum J, Hoyer M, Lin FR, Reed NS. Hearing loss, loneliness and social isolation: a systemativìc review. Otolaryngology Head and Neck Surgery 2020;162:622-633.
- Gao J, Armstrong NM, Deal JA, Lin FR, He P. Hearing loss and cognitive function among Chinese older adults: the role of participation in leisure activities. BMC Geriatrics 2020;19:20-21.
- Acar B, Yurekli MF, Babademez MA, Karabulut H, Karasen RM. Effects of hearing loss on cognitive functions and depressive signs in elderly people. Arch Gerontol Geriatr 2011;52:250-252.
- Canale A, Dalmasso G, Dagna F, Lacilla M, Montuschi C, Di Rosa R, Albera R. Monaural or binaural sound deprivation in postlingual hearing loss: Cochlear implant in the worse ear. Laryngoscope 2016;126(8):1905-10.