La contenzione tra costrizione e protezione. L’anziano pluripatologico
Virginio Oddone, in Medicina Legale per l’anziano del F. Fabris “Geriatria”, scrive che sul problema della contenzione vi sono numerose incomprensioni, errori di prospettiva e fantasmi. Da questa affermazione deriva la domanda che si era posto già qualche anno addietro Cester, se oggi, nel XXI secolo, abbia ancora senso parlare di contenzione fisica e, se sì, precisarne l’ambito, i limiti e le competenze.
Per sgombrare il campo da equivoci, premettiamo che esiste in concreto una contenzione protettiva a tutti gli effetti: cinture di sicurezza in auto o in aereo, box per bambini, sale chirurgiche o di rianimazione. In seguito ne preciseremo meglio le prerogative.
Definizione e storia
La contenzione è definita come “atto sanitario assistenziale che utilizza, con o senza il consenso della persona e/o dei familiari, mezzi fisici applicati al corpo o allo spazio circostante la persona per limitarne i movimenti”. È una pratica comune nelle strutture sanitarie per anziani, utilizzata prevalentemente per prevenire cadute o lesioni.
Tale definizione assume validità solo per la contenzione fisica, ma esclude tutte le altre forme di contenzione, quale l’uso di mezzi farmacologici adeguati o inadeguati, l’uso improprio di dispositivi fisici terapeutici, limitazione indiretta della libertà personale: edifici senza ascensori e abitazione dell’anziano ai piani alti, carceri.
Tralasciando i dati storici sui mezzi di “tortura e contenzione”, utilizzati dall’uomo fin dall’antichità, porremo la nostra attenzione solo sull’impiego della contenzione che risponda ai principi esposti nella precedente definizione.
Gli illuministi avevano discettato a lungo sull’uso improprio e non rispettoso dei diritti naturali dell’uomo, della contenzione e Connolly aveva scritto no restraint in psychiatry. In Italia Cesare Beccaria (1738-1794), autore “Dei delitti e delle pene” e Pietro Verri (1728-1797) avevano modernamente descritto l’inutilità della contenzione, che veniva con frequenza impiegata nei manicomi e negli ospizi per anziani. Ma solo nel 1904 con la legge Bianchi n. 36 “Legge sui manicomi e sugli alienati. Orientata sulla tutela della società nei confronti del malato stesso. Ricovero in OP e iscrizione nel casellario giudiziario” si entra nello specifico della contenzione come mezzo di eccezionale impiego. La legge Bianchi fu resa attuativa dal Decreto Regio16/08/1909 n. 615 il cui art. 34 recitava che “il ricorso ai mezzi coercitivi è possibile solo in casi eccezionali e con il permesso del medico”. Lo stesso decreto all’art. 60, Regolamento attuativo, affermava che “nei manicomi devono essere aboliti o ridotti ai casi assolutamente eccezionali i mezzi di coercizione degli infermi e non possono essere usati se non con l’autorizzazione del Direttore. Deve essere indicata la natura del mezzo di contenzione”.
Si arriva al 1968, periodo caratterizzato da fermenti culturali e di rivolta verso l’ancien régime, e alla legge n. 431 su abolizione dell’iscrizione del paziente al casellario giudiziario; riconoscimento del ricovero volontario; istituzione dei centri di igiene mentale.
Nel 1978 furono promulgate due leggi di estrema importanza: la n.180 che aboliva i manicomi e la legge 833, nella quale la 180 confluiva, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale. In quest’ultima legge non c’era alcun riferimento all’uso della contenzione.
Classificazione e natura dei mezzi contentivi impiegati
Una classificazione più aderente alla realtà divide la contenzione in:
1. contenzioni fisica propriamente detta, mediante presidi che riducono il movimento;
2. contenzione chimica mediante l’uso di farmaci che modificano il comportamento;
3. contenzione ambientale, che, modificando l’ambiente, riduce la libertà (carcere);
4. contenzione psicologica o relazionale o emotiva (ascolto, conforto, contatto fisico, tecniche di rilassamento e osservazione empatica).
Il maggior numero di mezzi fisici, o meccanici, di contenzione sono applicati:
1. all’anziano: fasce, corpetti con bretelle o cinture pelviche;
2. a segmenti del corpo: bracciali o fettucce per polsi e caviglie;
3. al letto: cinture di sicurezza per letto, spondine complete, cuscini anatomici per postura obbligata.
4. per la carrozzina: corpetto.
Le motivazioni che vengono di solito fornite al momento dell’uso della contenzione fisica sono riportate in Tabella 1.
Tabella 1. Motivazioni e miti sull’uso della contenzione
• Per il bene del paziente. |
• Per la presenza di uno stato di confusione. |
• Per prevenire un auto- o un’etero-danneggiamento. |
• Per contenere l’aggressività/violenza del paziente. |
• Per prevenire le cadute. |
• Per ostacolare il wondering. |
• Per utilizzare dispositivi terapeutici protettivi. |
• Per un supporto posturale a paziente ipocinetici. |
• Su richiesta dei familiari. |
• Per inadeguatezza della struttura, motivi architettonici o carenza di personale. |
• Per routine assistenziale. |
Le patologie geriatriche e internistiche che necessitano generalmente di manovre di contenzione sono:
• demenza;
• vasculopatie cerebrali acute e croniche;
• psicosi alcoolica;
• patologia oncologica che necessita di terapia farmacologica con stupefacenti;
• decorso post-operatorio (delirium da anestesia);
• patologie dismetaboliche.
In altre parole, la prescrizione della contenzione, di qualunque tipo e forma, si basa sul presupposto che essa possa essere utile:
• al paziente: immobilità in sala operatoria o di rianimazione, in auto o in aereo, nell’applicazione di gessi o di tutori esterni immobilizzanti;
• agli altri pazienti ricoverati, per evitare che subiscano aggressioni o lesioni da pazienti con disturbi comportamentali;
• all’istituzione che può ridurre il tempo di sorveglianza di un paziente demente con turbe comportamentali, di conseguenza può avere un numero ridotto di personale e un risparmio economico.
Esistono situazioni particolari, in cui è auspicabile la ricerca di soluzioni alternative alla contenzione vera e propria, come ad esempio in corso di una sindrome ansiosa o in presenza di delirium, e che possono essere rappresentate da:
• compagnia individuale che esalti la relazione col paziente, attraverso la disponibilità all’ascolto da parte dell’operatore;
• atteggiamento empatico, anche mediante contatto fisico e tecniche di rilassamento;
• ambiente confortevole, con luci soffuse ed eliminazione dei rumori di sottofondo e degli oggetti potenzialmente dannosi;
• far fare all’ospite passeggiate o attività occupazionali di distrazione.
Il rapporto con l’ospite deve essere orientato a una condivisione della situazione che al momento sta vivendo, in quanto la critica e la negazione dell’evento non possono ricondurre l’ospite alla realtà. È importante, quindi, che l’operatore non commenti, o banalizzi, o derida, il comportamento anche anomalo dell’ospite e che accetti il mondo “irreale” del soggetto.
L’operatore, nell’ipotesi di un evidente rischio di caduta, anziché la contenzione, quando è possibile, deve introdurre soluzioni alternative come le modificazioni ambientali: diminuire l’altezza dei letti, assicurare un’adeguata illuminazione, eliminare dislivelli e/o imperfezioni nei pavimenti, posizionare strisce anti-sdrucciolo nelle stanze, modificare i sanitari, utilizzare calzature adeguate, utilizzare mutande trocanteriche per prevenire una frattura del femore, in caso in cui si verifichi la caduta.
Occorre tenere conto, inoltre, di alcuni accorgimenti che, riducendo l’aggressività dell’ospite, limitano la necessità di contenzione:
• l’ambiente dovrebbe essere dipinto con colori neutri o tinte pastello;
• i quadri o le litografie dovrebbero riprodurre motivi allegri e non lugubri;
• mantenere calda la temperatura degli ambienti;
• ridurre al minimo la mancanza di privacy e la convivenza forzata.
Per rilevare, poi, se la contenzione sia un fattore prevalentemente protettivo o costrittivo è necessario, in rapporto ai dati della letteratura, rilevare se esistano prove significative buone, discrete o scarse su un suo valido utilizzo o, per contro, altre prove buone, discrete all’utilizzo contrario della procedura.
Evans, De Santis e Hamers hanno enfatizzato i predittori di contenzione in ambito ospedaliero o nelle Nursing Home, suddividendoli in Variabili del paziente e Variabili istituzionali, come riportato in Tabella 2.
Tabella 2: Predittori di contenzione in ambito ospedaliero o nelle Nursing Home.
Variabili del paziente |
• Età avanzata. |
• Delirium (1°predittore in ospedale per acuti). |
• Deterioramento cognitivo: sintomi psichici e comportamentali. |
• Disabilità (alta dipendenza nelle ADL, instabilità posturale). |
• Prognosi riservata, fragilità. |
Variabili istituzionali |
• Preoccupazione di evitare implicazioni legali. |
• Disponibilità di mezzi di contenzione. |
• Attitudini dello staff. |
• Staff insufficiente o poco preparato. |
Hamers, in uno studio condotto in Olanda nel 2005, aveva trovato che la contenzione sugli anziani era praticata nel 41-64% dei residenti nelle Nursing Home e nel 33-68% dei ricoverati in ospedale. Non erano evidenziati dati certi sull’uso della contenzione a domicilio. L’autore concludeva che l’uso della contenzione non era in grado di ridurre il rischio di cadute e degli altri effetti avversi. Meyer, in Germania nel 2009, ha riscontrato che la contenzione farmacologia era utilizzata nelle case di riposo nel 52,4% dei residenti.
Conseguenze avverse della contenzione
La contenzione determina nel soggetto numerose conseguenze negative , la cui gravità è nettamente correlata alla sua durata. Sinteticamente le conseguenze avverse possono essere di tipo fisico, comportamentale, psicologico, etico e legale.
Le conseguenze fisiche sono caratterizzate: dall’intrappolamento, che può determinare anche la morte del paziente; da eventi avversi differenti dall’intrappolamento, ma dipendenti dalla posizione coatta (restraint related con la formazione di ulcere da pressione); da eventi avversi non derivanti direttamente dall’applicazione della contenzione (cadute dopo aver superato le sbarre del letto, infezioni, incontinenza). Negli USA, nel periodo 1995-2004 si sono verificati 422 decessi per tali infortuni nelle Nursing Home. Rubin nel 1993 ha condotto, mediante un questionario, un’indagine nelle case di riposo e ha riscontrato 63 casi di morti per asfissia. L’età dei defunti era compresa tra 80 e 89 anni con una prevalenza di soggetti di genere femminile.
Le conseguenze comportamentali sono prevalentemente caratterizzate da confusione, agitazione, panico e aggressività. Kunik e coll. nel 2010, in uno studio sulle conseguenze dell’aggressività comportamentale nei dementi, ha dimostrato l’inutilità dei mezzi di contenzione fisica e ha rilevato come questi pazienti fossero contenuti essenzialmente farmacologicamente.
Le conseguenze psicologiche secondarie a contenzione fisica sono caratterizzate da paura, collera, rabbia e sensazione di essere oltraggiati.
Le conseguenze etiche si configurano nella violazione dei diritti della persona e dell’autonomia.
Le conseguenze legali sono rappresentate dalla negligenza e dall’errata reclusione. L’art. 4.10 del Codice Deontologico degli Infermieri e gli articoli 32 e 49 di quello dei medici danno sufficienti informazioni sulla liceità o meno della contenzione (2). In Italia, contrariamente a quanto avviene nei paesi di lingua anglosassone, non esiste una normativa specifica che tuteli le persone contenute o che regoli l’uso e la tipologia dei mezzi di contenzione. Negli USA nel 1987 l’HCFA (Health Care Financing Administration) che gestisce il Medicare, assieme all’OBRA (Omnibus Budget Reconciliation Act) hanno introdotto l’obbligo a tutte le strutture convenzionate, di ridurre la contenzione e di segnalare alla FDA (Food and Drug Administration) gli eventi avversi che si fossero verificati a causa dell’uso di mezzi di contenzione di ogni tipo.
In Italia, numerosi articoli del Codice Penale , in modo estensivo, esprimono procedure cui rifarsi in caso di soggetti sottoposti a contenzione. In particolare:
- Art. 571 – Abusi dei mezzi di correzione e di disciplina (3)
- Art. 572 – Maltrattamenti
- Art. 582-83 – Lesioni personali volontarie
- Art. 589 – Omicidio colposo
- Art. 605 – Sequestro di persona
- Art. 610 – Violenza privata.
Sull’abuso dei mezzi di contenzione o sui maltrattamenti si è ampiamente pronunciata l’Alta Corte di Cassazione con varie sentenze, tra cui ricordiamo quella della Cass. Pen. Sez. VI del 16.2.1983 n. 1451 che recita “ Per la configurabilità del reato previsto dall’articolo 571 c.p. è necessario che l’azione posta in essere dal soggetto attivo trascenda i limiti di un potere correttivo o disciplinare effettivamente spettante al soggetto medesimo”. Una sentenza della Cass. Pen. Sez. I del 19.01.1972 n.45 afferma che “non può parlarsi di abuso dei mezzi di correzione quando sia stato adoperato per fine correttivo o disciplinare un mezzo non consentito, sia per la sua natura che per la sua potenzialità, quale può essere una cinghia di cuoio, i cui violenti colpi abbiano prodotto al soggetto passivo, pur meritevole di castigo, lesioni personali da cui derivò malattia per la durata di giorni 35. In tal caso il fatto integra il reato di lesioni volontarie.” L’utilizzo dei diversi mezzi e tipi di contenzione posso essere impiegati nei casi in cui si prefiguri uno stato di necessità, come previsto dall’art. 54 del Codice Penale (4). Ma perché sussista tale stato devono concorrere, secondo Antolisei i requisiti riportati in Tabella 3.
Tabella 3 Requisiti per lo stato di necessità della contenzione.
Requisiti concernenti la situazione di pericolo |
a) Il pericolo deve essere attuale, cioè deve esistere la possibilità che l’evento temuto si verifichi. |
b) Il pericolo deve consistere in un danno alla persona. |
c) Il pericolo deve avere il requisito della gravità. |
d) L’agente non deve porsi di propria volontà nella condizione pericolosa. |
Requisiti concernenti l’azione lesiva |
a) Il fatto deve essere assolutamente necessario per la salvezza propria o altrui. Non basta la necessità, ma occorre una vera e propria inevitabilità, cioè l’obiettiva constatazione che solo con quel mezzo e non con altri si può evitare il pericolo. |
b) L’azione lesiva deve essere proporzionale al pericolo. |
Conclusione
È opportuno sottolineare che al sanitario può essere riconosciuta la facoltà di ricorrere alla contenzione del paziente solo se la considera un mezzo terapeutico e di trattamento in senso lato, sia pur di spiacevole e di extrema ratio, quando altri mezzi non siano realisticamente proponibili, ossia in casi definibili “eccezionali”.
La contenzione, pertanto, non deve essere demonizzata o rifiutata a priori, ma è un atto di cui bisogna definire i precisi ambiti di liceità, intesa come l’indicazione di un confine tra l’uso e l’abuso del mezzo di contenzione, che in buona sostanza, definisce il limite tra l’atto medico e l’azione lesiva di un diritto altrui, che non sia sorretta, come l’atto medico, da una giustificazione giuridica, consenso, stato di necessità, adempimento di un dovere.
Concludiamo con una frase di Giuseppe Luciano: “se nel terzo millennio centinaia di migliaia di anziani finiscono i loro giorni in strutture di segregazione, comunque denominate, dove sta il salto culturale prodotto, in Italia, dalla abrogazione della legge sui manicomi e gli alienati e dall’antigeriatria?”
Carmine Macchione
Direttore Scientifico ACSA Magazine,
già professore di Geriatria e Gerontologia dell’Università di Torino
Monica Greco
Specialista in Geriatria e Terapia Fisica e Riabilitazione
Casa di Cura Madonna dei Boschi. Buttigliera Alta – Torino
Note
L’articolo è tratto dalle relazione presentata al IV Congresso Nazionale ACSA-Roma 23-25 Settembre 2010.
2. Art.4-10 Codice deontologico degli infermieri. L’infermiere si adopera affinché il ricorso alla contenzione fisica e farmacologica sia evento straordinario e motivato e non metodica abituale di accudimento. Considera la contenzione una scelta condivisibile quando vi si configuri l’interesse della persona e inaccettabile quando sia una implicita risposta alle necessità istituzionali.
Art. 32 Codice deontologico del medico. Il medico non deve intraprendere attività diagnostica o terapeutica senza il consenso del paziente validamente informato.
Art. 49 Codice deontologico del medico. Il medico in caso di TSSO non deve porre in essere o autorizzare misure coattive salvo in caso di necessità.
3. Art. 571 Codice Penale. Chiunque abusa dei mezzi di contenzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia , ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente.
4. Art. 54 Codice Penale. Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità.
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