La moderna radioterapia nel paziente geriatrico

L’assenza di studi prospettici sugli effetti dell’irradiazione riguardo a tolleranza, controllo locale e sopravvivenza relativamente alla popolazione anziana rende complicata la corretta definizione di linee guida e di tecniche radioterapiche specifiche per tale popolazione.

L’assenza di studi prospettici sugli effetti dell’irradiazione riguardo a tolleranza, controllo locale e sopravvivenza relativamente alla popolazione anziana rende complicata la corretta definizione di linee guida e di tecniche radioterapiche specifiche per tale popolazione [1].

In gran parte ciò nasce dall’esclusione dei pazienti anziani (oltre i 70 anni d’età) da studi di tipo randomizzato. Di conseguenza, i trattamenti di uso corrente derivano da studi indirizzati a pazienti più giovani o da analisi di dati retrospettivi. A tal proposito vi sono due luoghi comuni da sfatare nell’oncologia geriatrica che rendono difficile l’operato del radioterapista:

1) le neoplasie dell’anziano sono meno aggressive (ma l’analisi dei dati sulle sopravvivenze dei pazienti anziani che hanno ricevuto “meno della terapia necessaria” non supporta un andamento della malattia meno maligna) [2]

2) con l’età la tolleranza dei tessuti sani alla radioterapia decresce ( ma esperimenti in vitro [3] e in vivo [4] non supportano questa tesi)

Questi luoghi comuni sono difficili da eradicare nella pratica clinica cosicché la radioterapia è largamente sottoutilizzata nell’anziano [5] anche se è evidente che per ogni paziente è l’età biologica, individualmente basata sulle comorbidità e sul performance status, che dovrebbe orientare per l’eleggibilità ad un trattamento curativo e non l’età cronologica. Quindi la presenza di comorbidità e non l’età dovrebbero in ultima analisi guidare nella scelta di finalità, modalità, frazionamento, associazione farmacologica ecc nella radioterapia nell’anziano.

Il processo di invecchiamento

Il processo di invecchiamento è legato a una progressiva riduzione delle riserve funzionali del paziente poichè molte comorbidità (vasculopatie cardiache o periferiche, ipertensione, diabete, insufficienza renale, cardiaca o epatica) sono più frequenti nella popolazione anziana. Comunque la tipologia, le combinazioni e i livelli di severità di queste comorbidità differiscono ampiamente, essendoci una chiara controindicazione per la radioterapia solo se riducono di molto l’aspettativa di vita. Ovviamente, le comorbidità responsabili per una diminuzione funzionale nella regione tumorale possono modificare la tolleranza alla radioterapia, ad esempio l’insufficienza respiratoria o cardiaca nel trattamento delle neoplasie polmonari, ma ciò è prerogativa di tutti, non solo degli anziani e, in genere, le comorbidità non causano importanti modificazioni nei parametri della radioterapia.

La valutazione geriatrica globale (CGA) rappresenta quindi il primo ed essenziale step per selezionare le opzioni di trattamento e dovrebbe essere comunemente usata per predire l’aspettativa di vita e la riserva funzionale consentendo un approccio oncologico individualizzato all’anziano [6]. Il CGA è costituito da un insieme di tools che valutano lo stato funzionale, sociale, cognitivo e la salute fisica, fornendo un valore prognostico per la sopravvivenza e la tolleranza dell’anziano ai vari trattamenti. Vengono definite tre categorie di pazienti: fit, unfit o vulnerabile sulla base delle riserve fisiologiche.
Definire un paziente fit o unfit significa fornire già una chiara indicazione della finalità del trattamento: nel primo caso dovrebbe essere considerato un programma di tipo curativo, nel secondo non più di un trattamento palliativo. Sfortunatamente, la maggior parte dei pazienti sono nel terzo gruppo, dove la vulnerabilità può significare la presenza di varie comorbidità, con riduzione delle riserve funzionali e parziali limitazioni difficili da evidenziare prima dell’esposizione ad un ulteriore stress come radioterapia o chemioterapia. In questi casi il CGA, pur risultando difficile da somministrarsi nella pratica clinica, dovrebbe essere mandatorio prima di ogni decisione terapeutica per stimare grossolanamente l’aspettativa di vita (non solo rapportata alla neoplasia), la tolleranza alla radioterapia o alla chemio-radioterapia, la rilevazione di comorbidità reversibili e bisogni socio-economici orientando il buon senso e l’esperienza clinica del radioterapista nell’adottare tutte le procedure per raggiungere il migliore rapporto efficacia/tossicità. In particolare gli aspetti socioeconomici e psicologici non dovrebbero essere omessi: la depressione collegata alla ospedalizzazione, la fatigue e i costi dovuti al trasporto giornaliero, le difficoltà nel sentire e comprendere sono fattori che influenzano non di poco le scelte terapeutiche.

In generale un buon compromesso in ambito geriatrico potrebbe essere l’uso degli schemi di radioterapia ipofrazionata, ma senza dimenticare le regole radiobiologiche, evitando così di tradurre l’ipofrazionamento o in una riduzione della dose biologica tumorale (riducendo quindi le possibilità di cura) o in un aumento della tossicità tardiva [7].

D’altro canto l’interpretazione dei dati sull’efficacia e tossicità della radioterapia nell’anziano è sovente complicata da due elementi conflittuali: l’eccessiva accuratezza nella selezione dei pazienti anziani partecipanti agli studi randomizzati e l’ampio uso di schemi di trattamento, tecniche o associazioni di farmaci obsoleti negli studi retrospettivi. Comunque, molti studi cercano oggi di valutare questi aspetti negli anziani affetti dalle neoplasie geriatriche più frequenti, quali quelle dell’encefalo, testa-collo, torace e pelvi, che tenteremo di riassumere nella seguente trattazione.

Effetti positivi sulle neoplasie geriatriche più frequenti

Nel trattamento adiuvante del glioma ad alto grado, la radioterapia è considerata un trattamento cardine dopo chirurgia, ma un’analisi dati SEER [8] ha mostrato che solo il 65% dei pazienti over 65 ha ricevuto un trattamento adiuvante e lo studio randomizzato di STUPP [9] ha studiato l’associazione di radioterapia e temozolomide escludendo pazienti over 70. Recentemente uno studio retrospettivo italiano [10] ha confermato che la somministrazione di 60 Gy con frazionamento convenzionale è fattibile ed efficace nell’anziano quando combinata con temozolomide con tassi di sopravvivenza interessanti e comparabili ad altri studi, confermando che il performance status è un fattore prognostico indipendente per la sopravvivenza. Inoltre uno studio prospettico randomizzato [11] ha dimostrato nei pazienti over 70 affetti da glioma maligno che l’aggiunta di radioterapia (anche solo 50 Gy) ha aumentato significativamente la mediana di sopravvivenza senza differenze nella qualità di vita o nella funzione cognitiva come confermato da Roa che ha utilizzato trattamenti di tipo ipofrazionato. D’altro canto il paziente anziano è risultato essere più suscettibile alla tossicità tardiva con più frequente atrofia e demenza, ma l’utilizzo di tecniche a maggior risparmio di tessuti sani e la più precisa definizione del bersaglio da irradiare dovrebbero contribuire a ridurre queste problematiche. La ridotta sopravvivenza di pazienti affetti da glioma rende difficile portare a conclusioni, così come nei pazienti affetti da metastasi encefaliche, dove l’incidenza della tossicità riportata in alcuni studi sembra più correlata all’alta dose per frazione (>3-4 Gy) che all’età.

In ambito otorinolaringoiatrico l’efficacia della radioterapia è considerata elevata nell’anziano come nell’adulto, basandosi esclusivamente su vari studi retrospettivi come quelli di Zachariah [13] e Allal [14]che hanno arruolato anche pazienti ultranovantenni.

Sfortunatamente non ci sono specifici studi randomizzati nell’anziano e i dati utilizzati nella meta-analisi di Bourhis [15] non sono realmente rappresentativi della popolazione anziana affetta da neoplasie del distretto ORL, in quanto troppo selettivi. Comunque la meta-analisi di Pignon [16] non ha mostrato differenze nelle reazioni mucosali acute o nella perdita di peso tra i differenti gruppi di età e solo tossicità acuta funzionale più severa nell’anziano. Un’altra meta-analisi dello stesso gruppo [15] ha suggerito che anche se la radioterapia iperfrazionata fornisce un vantaggio in termini di sopravvivenza e controllo locale se paragonata alla radioterapia convenzionale, gli anziani presentano complicanze maggiori, con più interruzioni del trattamento e tossicità tardiva e più decessi non correlati alla neoplasia, con diminuzione di questo vantaggio nella sopravvivenza.

Anche il vantaggio nella sopravvivenza ottenuto con l’aggiunta della chemioterapia alla radioterapia è stemperato da un aumento di tossicità, a volte non tollerabile per il paziente, particolarmente per quelli anziani. Infatti, Turaka [17] ha dimostrato che durante la radio-chemioterapia la qualità di vita dei pazienti over 60 era più bassa che negli adulti a livello fisico, cognitivo, emozionale e funzionale. Inoltre Machtay ha dimostrato chiaramente un incrementato tasso di tossicità a lungo termine (in termini di disfagia, mucosite cronica, necessità di alimentazione artificiale) in pazienti over 60. Infine, un’altra meta-analisi di Bouhris ha confermato il vantaggio dell’aggiunta della chemioterapia alla radioterapia sulla mortalità da neoplasia ma anche la scomparsa di questo vantaggio sulla sopravvivenza globale, a causa della più alta percentuale di decessi non correlati alla neoplasia in pazienti over 70 [18].

Anche nelle neoplasie polmonari vari studi retrospettivi non mostrano importanti differenze nel controllo locale, sopravvivenza globale e tossicità tra pazienti > 70 e < 70 anni trattati con radioterapia esclusiva, e due recenti studi prospettici [20,21] hanno dimostrato l’efficacia della radioterapia nei pazienti più anziani ( >75 e >70 rispettivamente) anche nel controllare la sintomatologia. Comunque Pignon ha suggerito una minore tolleranza dei pazienti anziani con una maggiore incidenza di perdita di peso [22].

Anche la radioterapia stereotassica è una possibile opzione curativa nelle neoplasie polmonari localizzate di piccole dimensioni, specie negli anziani in genere affetti da comorbidità e che non possono sottoporsi a chirurgia. Tale dato viene confermato dal rilievo che l’età media di tre importanti studi di radioterapia stereotassica andava dai 71 ai 76 anni [23] con controllo locale comparabile alla chirurgia e un trascurabile tasso di polmonite (generalmente minore del 5%). Ovviamente una potenziale limitazione della stereotassi nell’anziano è la durata di ogni singola frazione che può essere anche di 30 minuti. Alcuni pazienti anziani, in particolare quelli con significative comorbidità ed importante artrosi della spalla, potrebbero pertanto trovare intollerabile l’immobilizzazione sul lettino per la durata del tempo necessario ma attualmente si stanno sviluppando nuove e più rapide modalità di radioterapia che potrebbero risolvere questi problemi.

La radio-chemioterapia concomitante è considerata lo standard di cura in pazienti affetti da neoplasie polmonari localmente avanzate in buon PS ma questa considerazione potrebbe non essere valida per l’anziano perché, dei cinque studi che comparano la chemio-radioterapia concomitante versus la sequenziale solo uno [24] non aveva limiti di età. I dati provenienti da studi prospettici e retrospettivi sono molto conflittuali, per esempio Langer [25] ha dimostrato in un’analisi di sottogruppi un maggiore tasso di esofagite e neutropenia in pazienti anziani e un vantaggio di sopravvivenza globale non significativo con chemioterapia concomitante e Movsas [26] ha confermato la minore sopravvivenza libera da malattia in pazienti over 70 trattati con radio-chemioterapia. D’altro canto Semrau [27], analizzando l’impatto sulla sopravvivenza di età e comorbidità in pazienti trattati con radio-chemioterapia ha dimostrato sopravvivenze inferiori in pazienti con disfunzioni polmonari o cardiache, ma nessuna differenza in rapporto all’ età dei pazienti. La radio-chemioterapia è quindi una ragionevole opzione per pazienti anziani molto selezionati, ma strettamente monitorata per effetti collaterali acuti, particolarmente quelli ematologici.

La tolleranza non è al giorno d’oggi un fattore limitante per la radioterapia adiuvante della mammella nella popolazione anziana. Vari tentativi di evitare la radioterapia dopo la chirurgia conservativa della mammella sono stati fatti in pazienti anziane, ma Kunkler [28] in una recente review ha concluso che i dati sono ancora insufficienti per identificare un sottogruppo di donne in cui la radioterapia post-operatoria può essere evitata e Bartelink ha chiaramente dimostrato che la radioterapia è utile anche negli anziani nello studio di dose escalation con 16 Gy di sovradosaggio con efficacia uguale in tutti i gruppi di età nel ridurre le recidive locali [30]. Solo nelle pazienti inabili, con un’aspettativa di vita ovviamente limitata, si può considerare l’omissione della radioterapia, in quanto la recidiva in genere non compare prima che la paziente sia deceduta per altre cause. Inoltre, la qualità di vita non è influenzata negativamente dalla radioterapia adiuvante, infatti analizzando i dati del Prime trial, non sono stati registrati i miglioramenti attesi negli score della qualità di vita quando la radioterapia veniva omessa. Infine, ci sono vari dati ben consolidati di regimi di radioterapia ipofrazionata con efficacia e sicurezza comparabili a trattamenti convenzionali con una riduzione fino a 3 settimane di trattamento.

Il 70% di pazienti con neoplasia prostatica sono over 65. Una corretta valutazione delle comorbidità è essenziale per determinare se il loro rischio di morte è più correlato a queste comorbidità che non all’evoluzione della problematica cancerosa. L’aumento dell’età e la severità delle comorbidità può sollevare il dibattito di un semplice monitoraggio versus trattamento [34]. E’ risaputo da molto tempo che dopo la radioterapia curativa non c’è differenza statisticamente significativa nei tassi di sopravvivenza a dieci anni e di sopravvivenza libera da malattia nella popolazione geriatrica (oltre i 70 anni) paragonata alla non geriatrica e ciò a dispetto dell’osservazione di un performance status significativamente più basso nell’anziano. Nelle passate due decadi, il maggiore progresso è stato ottenuto nel risparmiare i tessuti sani della pelvi mediante nuove metodiche di irradiazione nei carcinomi prostatici localizzati, ma perfino con tecniche più obsolete una buona tolleranza a dosi curative di irradiazione è stata precedentemente dimostrata in una metanalisi che includeva nove differenti studi eseguiti tra il 1975 e il 1991 [35]. Non c’era evidenza di una maggiore incidenza di tossicità gastrointestinale o urinaria nei pazienti anziani. Inoltre la sopravvivenza dei pazienti non era differente in ciascun gruppo di età. Quindi la tolleranza acuta e cronica alla radioterapia non è più un argomento contro il trattamento di un anziano ove sia disponibile competenza professionale e dotazione tecnologica. Ancora una volta la decisione di trattare o meno dovrebbe essere basata sul CGA del paziente e sui fattori prognostici della neoplasia [36].

Conclusioni

In ultima analisi, la revisione dei dati emersi dalla letteratura ci consente di ottenere alcune indicazioni sulla corretta modalità di trattamento, in ambito radioterapico, delle neoplasie del paziente anziano, che fondamentalmente non si discosta da quella dei pazienti di qualsiasi età. Vi è senza dubbio, alla base dell’elaborazione di ogni singola strategia terapeutica, la necessità di una adeguata valutazione geriatrica del paziente che rende imprescindibile una concertazione interdisciplinare tra la figura del radioterapista oncologo e quella del geriatra. Conseguenza di ciò è che il paziente anziano fit, ove in condizione di poter accedere a trattamenti radioterapici improntati allo standard delle dotazioni tecnologiche e professionali, possa giovarsi dell’efficacia dei trattamenti radioterapici, non solo a dosaggi e scopi palliativi, in maniera non difforme dal paziente adulto.

 

Luigi Di Rienzo, Domenico Barzaghi, Olga Cristiano, Massimo Elmo, Cesare Guida
UOC di Radioterapia Oncologica – Dip Oncologia – AORN San Giuseppe Moscati – Avellino


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