Nutraceutici adiuvanti per sovrappeso ed obesità: tra falsi miti e realtà

Dott. A. Cicero

Dott. A. Cicero

Alessandro Colletti, Arrigo F.G. Cicero

Società Italiana di Nutraceutica (SINut)

 

Le malattie cardiovascolari (CVD) rappresentano la principale causa di mortalità e disabilità nel mondo, nonostante siano almeno in parte prevenibili attraverso il controllo dei fattori di rischio caratterizzanti, a partire dalle modificazioni dello stile di vita e, se necessario, attraverso l’uso di nutraceutici e/o di farmaci [[i]]. I nutraceutici dal punto di vista “clinico” sono considerati dei nutrienti, alimenti funzionali, alimenti arricchiti, botanicals e/o composti bioattivi di origine vegetale o microbica, che presentano possibili effetti benefici sulla salute umana. L’approccio preventivo-terapeutico dei principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari include alla base misure non farmacologiche, come gli interventi sullo stile di vita, che sono tendenzialmente simili per tutti i fattori di rischio CV [[ii]]. Le attuali raccomandazioni incoraggiano fortemente la riduzione dell’apporto energetico totale alimentare e l’aumento dell’attività fisica, in particolare negli individui sovrappeso/obesi. Inoltre, l’intake di grassi saturi dovrebbe essere limitato a meno del 10% delle calorie giornaliere, ed insieme agli acidi grassi trans dovrebbero essere sostituiti con gli acidi grassi polinsaturi (PUFA) e monoinsaturi (MUFA). Andrebbe poi aumentata l’assunzione media di fibre (25-45 g/die) e ridotto il consumo di sale (<5 g/die). I modelli alimentari che includono un regime dietetico prettamente mediterraneo caratterizzato da un’ampia varietà di frutta, verdura, semi e noci, legumi e cereali integrali hanno dimostrato un forte effetto protettivo sulla salute CV [[iii]]. In aggiunta all’alimentazione, l’approccio nutraceutico rappresenta ad oggi una valida opzione di trattamento in particolar modo in quei pazienti in cui il cambiamento dello stile di vita non ha mostrato significativi miglioramenti su determinati fattori di rischio CV [[iv]]. Il sovrappeso e l’obesità sono attualmente riconosciuti come i principali fattori di rischio per lo sviluppo di un certo numero di malattie croniche, tra cui il diabete, le dislipidemie, le malattie cardiovascolari e alcuni tipi di cancro. Poiché oltre l’80% dei pazienti con diabete di tipo 2 è sovrappeso, l’obesità sembra essere un fattore significativo nella crescente incidenza di diabete di tipo 2 nel mondo [[v],[vi]]. La prevalenza mondiale di persone sovrappeso ed obese secondo i dati OMS, si aggira intorno a 1,9 miliardi (di cui 650 milioni di obesi, 41 milioni di obesi sotto i 5 anni di vita e 340 milioni di obesi sotto i 19 anni di età). L’utilizzo di alcuni nutraceutici associati ad un radicale cambiamento dello stile di vita, ha dimostrato di poter essere strumento e strategia per facilitare la gestione del peso corporeo e ridurre alcuni fattori di rischio CV associati. I nutraceutici disponibili oggi sul mercato sono molti (pochi con dati pubblicati), e possono essere divisi sulla base del loro meccanismo d’azione principale in nutraceutici modulanti l’assunzione di cibo, nutraceutici modulanti il dispendio energetico e nutraceutici modulanti il metabolismo lipidico e l’assorbimento di nutrienti. Una pianta largamente diffusa è la griffonia, leguminosa delle regioni tropicali dell’Africa centroccidentale i cui semi contengono un’elevata quantità di 5-idrossitriptofano (5-HTP). La conversione (nello stomaco e a livello del sistema nervoso centrale) del 5-HTP in serotonina avviene ad opera dell’enzima L-aminoacido-decarbossilasi aromatica e della vitamina B6. La griffonia ha dimostrato di migliorare il senso di sazietà ed aiutare a placare la fame nervosa e compulsiva. Tuttavia gli studi condotti in doppio cieco, randomizzati e controllati sono ad oggi pochi e per lo più su popolazioni campionarie estremamente ridotte [[vii]].

Un altro nutraceutico interessante è il caffè verde, particolarmente ricco in acido clorogenico. L’acido clorogenico è dotato di numerose attività pleiotropiche che includono l’inibizione delle alfa-amilasi intestinali, l’attivazione della termogenesi via AMPK e la modulazione del recettore alfa attivato dai proliferatori dei perossisomi (PPAR-alfa). In una recente metanalisi di studi clinici randomizzati e controllati, l’utilizzo di 400 mg/die di caffè verde per 8 settimane ha dimostrato di migliorare significativamente la circonferenza vita (p=0.009), i punteggi relativi all’appetito (p=0.01), la glicemia a digiuno (p=0.03) e l’indice HOMA (p=0.02) rispetto al placebo. In aggiunta l’estratto decaffeinato ha dimostrato di ridurre significativamente la pressione arteriosa sistolica (p=0.001) [[viii]].

Il matè è la foglia essiccata di Ilex paraguariensis che contiene generalmente l’1% di caffeina. Il guaranà si prepara dai semi di Paullinia cupana, una liana dell’Amazzonia che contiene all’incirca il 4-8% di caffeina oltre a molecole tanniniche e catechine (8%). L’effetto di questi due nutraceutici è biologicamente mediato dall’aumento dell’AMP ciclico sia aumentandone la sintesi (inibizione adenilato ciclasi), sia riducendone la degradazione (inibizione fosfodiesterasi). Tuttavia, la maggior parte dei lavori pubblicati ad oggi hanno indagato gli effetti della caffeina in associazione all’efedrina (in Italia è vietata la commercializzazione di ephedra, ma non di efedrina seppur come farmaco e non come integratore) [[ix]].

Gli estratti di arancia amara (Citrus aurantium var. amara L.), che hanno mostrato buoni effetti nella riduzione del peso corporeo, contengono la p-sinefrina che comprende circa il 90% o più dei protoalcaloidi totali. La p-sinefrina è un derivato della feniletilamina con un gruppo ossidrile nella posizione para sull’anello benzenico della molecola, e presenta alcune somiglianze strutturali con l’efedrina. Tuttavia, l’efedrina è un derivato fenilpropilamminico e non contiene un gruppo idrossilico sostituito sull’anello fenilico (benzene). Queste differenze chimiche tra p-sinefrina ed efedrina alterano notevolmente la stereochimica, la farmacodinamica e la farmacocinetica, il legame del recettore adrenergico e le proprietà fisiologiche/farmacologiche. Pertanto, gli effetti osservati con l’efedrina non possono essere comparati agli estratti della p-sinefrina. In una recente revisione sistematica di 30 studi sull’uomo su oltre 600 soggetti è stato evidenziato che la p-sinefrina non produce effetti cardiovascolari a dosaggi fino a 100 mg/die. Circa il 45% dei soggetti in questi studi era in sovrappeso od obesi e oltre il 40% dei soggetti aveva assunto caffeina in associazione. È stato raccomandato che l’estratto di p-sinefrina e di arancio amaro non venga consigliato in una varietà di problematiche: la maggior parte di queste condizioni controindicate si basa sul presupposto che la p-sinefrina presenti effetti avversi cardiovascolari e tali avvertenze siano state estrapolate da avvertenze associate all’uso di prodotti a base di efedra. Le condizioni controindicate che sono state proposte includono individui con ipertensione, patologie tiroidee, renali, epatiche o malattie cardiache, persone con disturbi psichiatrici o epilettici, pazienti in terapia con antipertensivi, simpaticomimetici, inibitori delle monoaminossidasi, farmaci per la tiroide e antidepressivi, e bambini e donne in gravidanza o allattamento. Tuttavia non esistono evidenze a sostegno di queste controindicazioni proposte [[x]].

Un altro estratto interessante è quello derivante dalla buccia del frutto della garcinia (garcinia gummi-gutta), particolarmente ricca in acido idrossicitrico (HCA) che a dosaggi intorno ai 1-3 g/die ha dimostrato di incrementare il rilascio o aumentare la disponibilità di serotonina, inibire le alfa-amilasi pancreatiche e le alfa-glucosidasi intestinali con una riduzione netta del metabolismo dei carboidrati, in aggiunta, l’HCA inibisce l’enzima adenosin-trifosfato-citrato-liasi riducendo la produzione di acidi grassi e lipidi che derivano dal  metabolismo degli zuccheri; ne consegue una riduzione del deposito di grassi a livello adiposo. Una metanalisi di studi clinici randomizzati e controllati ha concluso sottolineando il ruolo potenziale della garcinia nella riduzione del peso nel breve periodo (-0.88 kg; 95% CI: -1.75, -0.00), ma sono necessari studi più ampi per valutarne l’utilità nel lungo termine [[xi]].

Infine, il Cissus (succo originario dell’Africa e del Sud est asiatico comunemente impiegato nella medicina ayurvedica) e l’Irvingia gabonensis (mango africano costituito da un alto tasso di lipidi (50%) e di fibre (15%)) hanno dimostrato di avere un’azione sinergica di inibizione delle lipasi (Cissus) e delle amilasi (Irvingia e Cissus), migliorando il peso corporeo e la circonferenza vita, oltre alla maggior parte dei parametri ematochimici relativi al profilo lipidico e glicemia) [[xii]].

La capacità di un prodotto di esplicare un effetto benefico (efficacia) è direttamente correlata alla quantità di principi attivi presenti all’interno degli estratti (specie quelli di origine vegetale). Questa quantità viene indicata da una percentuale chiamata “titolo”. Il titolo, indice della quantità di principi attivi per unità di peso, esprime la concentrazione di un estratto (o di una droga). Un alto titolo non è tuttavia sufficiente a garantire l’efficacia: la cosa importante è assumere un prodotto che fornisca, alla posologia indicata, una quantità di principi attivi sufficiente ad assicurare l’effetto desiderato. Oltre al titolo è fondamentale utilizzare prodotti che siano “standardizzati”. Standardizzare significa “uniformare”: l’impiego di estratti standardizzati, che garantiscono cioè un contenuto di principi attivi costante e ripetibile in ogni lotto di produzione, consente di assicurare la riproducibilità dell’azione salutistica del nutraceutico.

Concludiamo con il microbiota: negli ultimi anni, sono diversi gli studi scientifici pubblicati che suggeriscono l’importanza della composizione del microbiota intestinale nello sviluppo dell’obesità [[xiii]]. È ben noto che il microbiota intestinale gioca un ruolo importante nello stoccaggio e nel consumo di energia, così come è nota la diversità del microbiota di un soggetto sano da uno obeso [[xiv]]. È risaputo infatti che cambiamenti nel rapporto tra Bacteroidetes e Firmicutes sono spesso legati all’obesità [[xv],[xvi]]. Infatti, in analisi riguardanti il trapianto del microbiota fecale, il trasferimento del microbiota di topi obesi in topi “germ-free” ha comportato un aumento di peso corporeo più elevato (+60%) rispetto ai topi “germ-free” che hanno ricevuto il microbiota da animali magri (a parità di regime dietetico) [[xvii],[xviii]]. Inoltre, in recenti studi sia su modelli animali che umani è stato osservato infatti come la riduzione del peso corporeo sia associata ad un aumento dei Bacteroidetes fino al 20%, e ad una diminuzione dei Firmicutes di circa il 10%, normalizzando quasi al pari dei modelli “magri” il rapporto tra Bacteroidetes e Firmicutes. Questi risultati indicano che l’obesità è chiaramente influenzata non solo dalla dieta stessa, ma anche dal microbiota intestinale, aprendo nuove opportunità terapeutiche nella pratica clinica [[xix],[xx]].

[i] Prabhakaran D, Anand S, Watkins D, Gaziano T, Wu Y, Mbanya JC, et al. Cardiovascular, respiratory, and related disorders: key messages from Disease Control Priorities, 3rd edition. Lancet. 2018;391(10126):1224–36.

[ii] Piepoli MF, Hoes AW, Agewall S, Albus C, Brotons C, Catapano AL, et al. 2016 European Guidelines on cardiovascular disease prevention in clinical practice. The Sixth Joint Task Force of the European Society of Cardiology and Other Societies on Cardiovascular Disease Prevention in Clinical Practice (constituted by representatives of 10 societies and by invited experts). Eur Heart J. 2016;37:2315–81. 4. Chapman K. Can people make healthy

[iii] Eleftheriou D, Benetou V, Trichopoulou A, et al. Mediterranean diet and its components in relation to all-cause mortality: meta-analysis. Br J Nutr. 2018;120(10):1081-1097.

[iv] Reynolds A, Mann J, Cummings J, Winter N, Mete E, Te Morenga L. Carbohydrate quality and human health: a series of systematic reviews and meta-analyses. Lancet. 2019;393(10170):434–45.

[v] Tilg H, Kaser A. Gut microbiome, obesity, and metabolic dysfunction. J. Clin. Investig. 2011, 121, 2126–2132.

[vi] Tilg H, Moschen AR. Inflammatory mechanisms in the regulation of insulin resistance. Mol. Med. 2008, 14, 222–231.

[vii] Rondanelli M, Opizzi A, Faliva M, et al. Relationship between the absorption of 5-hydroxytryptophan from an integrated diet, by means of Griffonia simplicifolia extract, and the effect on satiety in overweight females after oral spray administration. Eat Weight Disord. 2012;17(1):e22-8.

[viii] Roshan H, Nikpayam O, Sedaghat M. Effects of green coffee extract supplementation on anthropometric indices, glycaemic control, blood pressure, lipid profile, insulin resistance and appetite in patients with the metabolic syndrome: a randomised clinical trial. Br J Nutr. 2018119(3):250-258.

[ix] Bray GAGreenway FL. Pharmacological treatment of the overweight patient. Pharmacol Rev. 2007;59(2):151-84.

[x]Stohs SJ. Safety, Efficacy, and Mechanistic Studies Regarding Citrus aurantium (Bitter Orange) Extract and p-Synephrine. Phytother Res. 2017;31(10):1463-1474.

[xi] Onakpoya I, Hung SK, Perry R, et al. The Use of Garcinia Extract (Hydroxycitric Acid) as a Weight loss Supplement: A Systematic Review and Meta-Analysis of Randomised Clinical Trials. J Obes. 2011;2011:509038.

[xii] Oben JE, Ngondi JL, Momo CN, et al. The use of a Cissus quadrangularis/Irvingia gabonensis combination in the management of weight loss: a double-blind placebo-controlled study. Lipids Health Dis. 2008;7:12.

[xiii] Cani PD. Metabolism in 2013: the gut microbiota manages host metabolism. Nat Rev Endocrinol 2014;10:74–6.

[xiv] Lyra A, Lahtinen S, Tiihonen K, et al. Intestinal microbiota and overweight. Benef Microbes 2010;1:407–21.

[xv] Franks I. Obesity: new light shed on obesity-associated gut microbiota. Nat Rev Gastroenterol Hepatol 2011;8:537.

[xvi]Tremaroli V, Backhed F. Functional interactions between the gut microbiota and host metabolism. Nature 2012;489:242–9.

[xvii] Turnbaugh PJ, Ley RE, Mahowald MA, et al. An obesity-associated gut microbiome with increased capacity for energy harvest. Nature 2006, 444, 1027–1031.

[xviii] Backhed F, Ding H, Wang T, et al. The gut microbiota as an environmental factor that regulates fat storage. Proc. Natl. Acad. Sci. USA 2004, 101, 15718–15723.

[xix] Ley RE, Turnbaugh PJ, Klein S, et al. Microbial ecology: Human gut microbes associated with obesity. Nature 2006, 444, 1022–1023.

[xx] Turnbaugh PJ, Hamady M, Yatsunenko T, et al. A core gut microbiome in obese and lean twins. Nature 2009, 457, 480–484.

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