Radicali Liberi di Ossigeno: amici o nemici dell’invecchiamento?
Si stima che nel 2060, circa il 30% della popolazione europea sarà costituito da ultraottuagenari. In un mondo che invecchia rapidamente, una delle principali sfide della ricerca biomedica è migliorare la qualità di vita dell’anziano e al contempo contenere la crescente spesa sociosanitaria dedicata alla gestione delle malattie geriatriche. Per esempio, il solo trattamento delle ulcere cutanee recidivanti, un problema tipico dell’anziano, costa ora ai sistemi sociosanitari europei circa il 2% dell’intero budget allocato, mentre negli USA il loro trattamento costa annualmente più di venticinque miliardi di dollari. Quindi, se da un lato l’aumento dell’aspettativa di vita nei paesi occidentalizzati può considerarsi un grande successo della medicina moderna, dall’altro lato, l’impennata di malattie geriatriche ad esso associato rischia di diventare il tallone d’Achille dei sistemi sociosanitari e assistenziali. La ricerca di soluzioni maggiormente efficaci e sostenibili alle problematiche dell’invecchiamento rappresenta dunque un obiettivo strategico fondamentale del programma di finanziamento alla ricerca scientifica “Horizon 2020” della Comunità Europea.
Innumerevoli studi sperimentali hanno identificato lo stress ossidativo come un fattore causale sia dell’invecchiamento in se’, sia di stati patologici tipici dell’invecchiamento quali diabete, malattie cardiovascolari e neurodegenerative, e tumori. Questi studi trovano forte supporto nella Teoria dei radicali liberi formulata nel 1954 da D. Harman (premio Nobel nel 1995), che ipotizzò che la causa della senescenza risiedesse nei radicali liberi prodotti durante i processi metabolici. In questa teoria si postula una relazione lineare tra esposizione ai radicali liberi e invecchiamento. I principali radicali liberi prodotti dal metabolismo cellulare sono le cosiddette “specie reattive di ossigeno” (Reactive Oxygen Species; ROS), quali l’anione superossido, il radicale ossidrilico, e il perossido d’idrogeno (quest’ultimo, formalmente, non è un radicale). L’invecchiamento, dunque, non sarebbe altro che il risultato dell’accumulo progressivo del danno ossidativo prodotto principalmente dai ROS a lipidi, proteine e DNA, con conseguente perdita di funzionalità di cellule, tessuti e organismi. Su queste basi, si è consolidata la convinzione che i ROS siano agenti puramente tossici, e pertanto strategie anti-invecchiamento debbano necessariamente inibirne la produzione o neutralizzarne gli effetti. Si è ipotizzato, infatti, che l’assunzione di agenti antiossidanti con la dieta abbia un effetto benefico nella prevenzione di svariate malattie d’interesse geriatrico. Questa convinzione, benché’ fortemente consolidata in ambienti medici e nutrizionistici, non ha tuttavia trovato a oggi un riscontro sperimentale convincente, poiché’ l’analisi di ampie coorti d’individui sottoposti ad assunzione continua di antiossidanti con la dieta non ha rivelato una riduzione nell’incidenza di malattie cardiovascolari o neurodegenerative.
Piu’ di recente, è emerso che i ROS agiscono come importanti regolatori di molteplici funzioni biologiche, agendo da “secondi messaggeri” nella propagazione di segnali biochimici cellulari. Ad esempio, innalzamenti fisiologici dei livelli di ROS sono necessari sia per la regolazione del differenziamento cellulare, sia per un corretto funzionamento del sistema immunitario. Siccome i ROS sono continuamente prodotti durante le reazioni metaboliche, gli organismi hanno sviluppato sistemi di difesa volti ad arginarne gli effetti tossici. Un esempio è il glutatione, una delle principali molecole antiossidanti endogene, che svolge azione neutralizzante contro i ROS e altri radicali liberi. Il livello di stress ossidativo è dunque il risultato dell’alterazione del bilancio tra i livelli di ROS prodotti e le difese cellulari atte a neutralizzarne gli effetti dannosi. Quando la produzione di ROS eccede le capacità di difesa endogene, le cellule soggette a stress ossidativo vanno incontro a fenomeni di senescenza e/o morte cellulare che preludono alla perdita di capacità funzionali e rigenerative dei tessuti durante l’invecchiamento.
Uno dei fenomeni più sorprendenti dell’evoluzione è la capacità di adattamento degli organismi a situazioni ambientali avverse. Si può sostenere che la capacità adattativa è il “deus ex machina” del processo di evoluzione per selezione naturale che determina il mantenimento o l’eliminazione di organismi o intere specie in un particolare ambiente. E’ da notare come l’aumento dei ROS cellulari non sia solo la conseguenza di un aumentato metabolismo cellulare, ma è anche causato dall’esposizione dell’organismo a eventi stressogeni quali le radiazioni ionizzanti e ultraviolette, o la deprivazione di nutrienti e fattori di crescita. Inoltre, molti farmaci utilizzati nella chemioterapia dei tumori causano innalzamenti di ROS, che sono fondamentali per l’uccisione delle cellule cancerose. I meccanismi adattativi delle cellule normali (e tumorali) comprendono l’attivazione di programmi di espressione genica volti a potenziare i meccanismi endogeni di protezione dallo stress ossidativo in risposta a innalzamenti dei ROS cellulari. In organismi-modello come il nematode C. Elegans, un moderato innalzamento dei livelli di ROS induce un aumento di longevità e “fitness” degli animali. In altre parole, le cellule si “allenano” a tollerare i ROS, con effetti positivi sulla sopravvivenza dell’organismo. Moderati innalzamenti di ROS sotto la soglia di tossicità avrebbero un’azione “ormetica”, in cui non solo non causerebbero effetti dannosi, ma indurrebbero anzi modificazioni positive per la fitness dell’organismo, potenziandone le difese endogene. Questo modello “ormetico” differisce sostanzialmente dalla Teoria dei radicali liberi, che presuppone che anche l’esposizione a bassi livelli di ROS abbia, cumulativamente, effetti dannosi su cellule e tessuti nel lungo periodo, determinandone l’invecchiamento. Michael Ristow ha recentemente introdotto il concetto di “mitoormesi” per descrivere gli effetti benefici di moderati innalzamenti di ROS, ponendo l’accento sull’origine mitocondriale dei ROS “buoni”. Esempi di mitoormesi includono la restrizione calorica, l’attenuazione della segnalazione cellulare a valle dell’Insulina, l’esercizio fisico, e l’inibizione di mTOR (mechanistic target of Rapamycin), una via di segnalazione essenziale per l’accrescimento cellulare. Tutte queste condizioni, in maniera trasversale tra specie, hanno in comune moderati incrementi dei ROS prodotti dal metabolismo mitocondriale, associati a un aumento della longevità e fitness dell’organismo. Ristow propone che la mitoormesi funzioni analogamente a una vaccinazione, in cui questi aumenti di ROS mitocondriali causano un aumento adattativo delle difese cellulari atte a contrastare lo stress ossidativo, risultando in una aumentata capacità di tollerare ulteriori aumenti di ROS e, possibilmente, altre forme di stress cellulare.
La pelle costituisce la principale interfaccia tra l’organismo e l’ambiente. La pelle è l’organo che meglio rappresenta le capacità adattative dell’organismo, fornendo una barriera contro agenti patogeni fisico-chimici e infettivi, prevenendo la perdita di fluidi corporei, e partecipando sostanzialmente alla termoregolazione, all’attrazione sessuale e al mimetismo. Come anticipato sopra, l’invecchiamento cutaneo non rappresenta un problema meramente cosmetico. La perdita della capacità rigenerativa della pelle tipicamente associata all’invecchiamento è alla base dell’insufficiente guarigione dalle ferite tipica dell’anziano. Oltre a rappresentare un problema dermatologico, spesso le ulcere cutanee recidivanti e le piaghe da decubito rappresentano un fattore precipitante in un quadro clinico generale già compromesso, potendo causare immobilità, ospedalizzazione, sepsi e nei casi più gravi, morte. Moltissimi studi indicano lo stress ossidativo, endogeno o dovuto all’esposizione ad agenti ambientali, come fattore chiave della compromessa capacità rigenerativa cutanea dell’anziano.
In controtendenza all’idea che i ROS siano puramente fattori “tossici” nella pelle, i nostri studi più recenti hanno dimostrato come un meccanismo di tipo mitoormetico sia alla base di un’aumentata resistenza dei cheratinociti, il principale tipo cellulare dell’epidermide, a stress caratterizzati da un’elevata componente ossidativa quali le radiazioni ionizzanti, alcuni agenti chemioterapici e la deprivazione dai fattori di crescita. Un’altra osservazione sorprendente è stata la costatazione che questo meccanismo mitoormetico sia scatenato dalla perdita di un gene, Rictor, ritenuto un fattore positivo per la “fitness”, in quanto coinvolto nella propagazione di segnali di sopravvivenza cellulare. I cheratinociti privi di Rictor, benché’ proliferino più lentamente delle controparti di controllo, si sono dimostrati maggiormente resistenti a fenomeni di senescenza e morte cellulare spontanee, o indotte da fattori stressogeni sopra indicati. La spiegazione di quest’apparente paradosso è emersa da due tipi di evidenze sperimentali. La prima, derivata dall’analisi globale dei profili di espressione genica delle cellule normali o deficienti di Rictor in condizioni basali e dopo l’esposizione a stress, ha evidenziato che già in assenza di stress le cellule prive di Rictor attivano un’ampia coorte di geni che nelle cellule normali sono indotte solo in seguito a stress. In altre parole, le cellule mutanti si comportano come se fossero già “stressate” in assenza di stress esogeni; l’identità dei geni alterati nelle cellule mutanti suggerisce importanti cambiamenti nel metabolismo di glicidi, lipidi e proteine. La seconda linea sperimentale ha indicato che analizzando le alterazioni metaboliche previste dall’analisi di espressione genica, le cellule prive di Rictor utilizzano meno glucosio e acidi grassi e più aminoacidi (glutamina) per “spingere” la produzione di molecole energetiche quali l’ATP. Questi cambiamenti metabolici sono associati a moderati aumenti della respirazione e della produzione di ROS mitocondriali. Abbiamo ipotizzato che questi aumenti di ROS possano rappresentare nelle cellule mutanti il segnale iniziale per l’attivazione dei geni che sono normalmente indotti da stress nelle cellule normali. Infatti, neutralizzando in maniera prolungata l’aumentata produzione di ROS mitocondriali con agenti antiossidanti, i cheratinociti privi di Rictor “ritornano” sensibili ai tipi di stress verso i quali si sono prima dimostrati resistenti. Ciò dimostra formalmente l’ipotesi mitoormetica, secondo cui moderati aumenti di ROS sono responsabili dell’attivazione di programmi di adattamento cellulare risultanti in una “resilienza” delle cellule.
Indipendentemente dal nostro studio, un altro gruppo di ricerca ha dimostrato che Rictor è attivato durante l’invecchiamento della pelle spontaneo, o dopo esposizione a radiazione ultravioletta, uno dei principali fattori esogeni che accelerano l’invecchiamento cutaneo. Lo stesso gruppo, utilizzando linee cellulari di cheratinociti ha dimostrato che l’assenza di Rictor protegge le cellule dall’azione dannosa degli UVB. Benché’ questo studio non prenda in considerazione l’ipotesi “mitoormetica”, è da notare che gli UVB sono importanti induttori della produzione di ROS cellulari.
Collettivamente, questi studi indicano che un’inibizione funzionale di Rictor potrebbe rappresentare un’efficace strategia terapeutica per antagonizzare la senescenza cellulare e migliorare la resistenza allo stress dei cheratinociti epidermici, e dunque contrastare il declino funzionale di queste cellule tipico dell’invecchiamento. Attualmente non esistono farmaci capaci di bloccare selettivamente la funzione di Rictor. Peraltro, la proteina Rictor è una componente essenziale di un complesso di segnalazione multi molecolare denominato mTOR complex 2 (mTORC2), uno dei due complessi in cui si ripartisce la proteina di segnalazione mTOR. L’altro complesso molecolare, mTOR complex 1 (mTORC1), è considerato un bersaglio-chiave della terapia anti-invecchiamento. Infatti, topi sottoposti all’assunzione continuativa con la dieta dell’l’inibitore di mTOR Rapamicina mostrano un significativo allungamento della vita media, persino se l’assunzione del farmaco inizia in animali relativamente anziani. La Rapamicina è oggi l’unico trattamento farmacologico riconosciuto capace di promuovere la longevità in animali da esperimento. E’ da notare che la Rapamicina, inizialmente considerata un inibitore selettivo per mTORC1, è stata dimostrata inibire anche mTORC2 in caso di esposizione prolungata di cellule o tessuti. Inoltre, sono stati sviluppati di recente farmaci capaci di bloccare indifferentemente sia mTORC1 che mTORC2.
Il nostro gruppo di ricerca, assieme ad altri, ha dimostrato in precedenza che uno degli effetti anti-invecchiamento promossi dall’inibizione prolungata di mTORC1 è il mantenimento nel tempo del pool di cheratinociti staminali, che sono in gran parte responsabili dell’autorinnovamento degli epiteli e della guarigione delle ferite. E’ da notare che l’inibizione di mTORC1 è stata associata in precedenza all’attivazione di mitoormesi in alcuni modelli sperimentali. Ora, siccome i nostri studi indicano per la prima volta che anche l’inibizione di Rictor/mTORC2 attiva la mitoormesi e aumenta la resistenza dei cheratinociti a fattori che ne causano un declino funzionale, è ragionevole pensare che i farmaci correnti dotati della capacità di attenuare simultaneamente l’attività biochimica di mTORC1 ed mTORC2, tramite l’induzione di mitoormesi e/o di altri programmi protettivi cellulari, potrebbero rappresentare in un prossimo futuro strumenti fondamentali per prevenire l’invecchiamento cutaneo. Oppure, strategie farmacologiche diverse ma capaci di stimolare il fenomeno della mitoormesi tramite moderati aumenti di ROS mitocondriali, potrebbero fornire valide alternative terapeutiche allo stesso scopo. Studi futuri saranno mirati a validare queste ipotesi e a verificarne l’applicabilità ad altri contesti biologici.
Per rispondere alla domanda che intitola l’articolo, concludo con la frase di Paracelso: “Dosis sola facit ut venenum non fit” (Solo la dose fa sì che (una sostanza) non divenga veleno).
Enzo Calautti
Enzo Calautti è un Ricercatore Universitario affiliato al Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute dell’Università di Torino.