Recensione del libro “Cervello Senza Limiti” di Johann Rossi Mason
Ho letto con molta attenzione il libro “Cervello Senza Limiti” di Johann Rossi Mason. Si tratta a tutti gli effetti della prima inchiesta giornalistica italiana sulle potenzialità del nostro cervello. Il volume ha una visione totale e non rappresenta soltanto la ricerca scientifica sull’argomento, ma racconta storie ed aneddoti sull’argomento, catturando l’attenzione sia degli addetti ai lavori che (cosa di non poco conto) della gente comune.
L’argomento è di un’attualità reale, profonda, per alcuni versi allarmante, ma vera e fa capire anche ai profani cosa oggi offra il mercato per continuare ad andare più … “veloci”. Viviamo la quotidianità in fretta: si corre senza interruzione, vige quasi dappertutto il motto del “tutto e subito”, soprattutto nei giovani che saranno la classe dirigente del domani e che, verosimilmente, dovranno confrontarsi in un futuro non molto lontano con l’intelligenza artificiale; nel libro se ne parla in uno degli ultimi capitoli.
Gli strumenti basati sull’intelligenza artificiale sono già in uso a tutti i livelli. Google DeepMind sta riducendo il tempo necessario per pianificare un trattamento radioterapico.
Stiamo vivendo più a lungo di quanto sia mai accaduto e la nostra Società, che invecchia, richiede sempre più cure ed attenzione negli anni della terza e quarta età.
Assistenti virtuali alimentati ad intelligenza artificiale e persino i robot sono stati promossi come il futuro. I robot sono già utilizzati per la cura degli anziani in Giappone. Nel 2020 si stima saranno un numero enorme.
Un interessante e significativo sondaggio evidenzia che il 65% degli italiani è disponibile a farsi curare con dispositivi tecnologici forniti dall’intelligenza artificiale, mentre i tedeschi si collocano al 57% ed i francesi al 55%. Questo essere sempre sul “pezzo”, questa competizione tra le persone per essere il primo, il migliore ci obbliga a rincorrere lo scopo con mezzi chimici (smart drugs e quant’altro) e, soprattutto, cercando di non sentire la stanchezza. Sempre con una super lucidità. La conseguenza sarà nel futuro una competizione non solo tra umani, ma verosimilmente tra umani e robot.
Il ruolo della genetica? Molti studi ci ricordano che questo è un ruolo importante, anche se perde un po’ di importanza quando l’ambiente la fa da padrone. L’ambiente può modificare la genetica? Lo studio sui gemelli ci viene in aiuto.
Nel libro si cita un interessante lavoro scientifico del dottor Brian Kennedy dove si dimostra che, silenziando alcuni geni, si ottiene il prolungamento della vita. L’autrice pone l’accento su particolari situazioni vissute da alcuni personaggi citati. Di particolare impatto, ad esempio, la storia di Sandy Hingston, una giornalista che decide di provare una molecola su sé stesso. La Hingston descrive nel libro la sua nuova situazione in un racconto brillante: non lo anticipo e lascio ai lettori l’interessante scoperta. Così come lascio le altre storie vere narrate dai protagonisti.
La vecchiaia è scandita da un orologio sociale più che da un orologio biologico. Questo orologio sociale ha alcuni marcatori ben precisi: la pensione, la fragilità intesa anche come decadenza fisica e, non ultimo, il diventare nonni. Questi marcatori richiedono una rivisitazione del ruolo di “vecchio”, soprattutto quando i marcatori sociali anticipano quelli dell’invecchiamento vero e proprio.
Il 65enne del 2019 ha la forma fisica e cognitiva di un 40 – 45enne di circa 30 anni fa, un 75enne quella di un 55enne del 1980. Oggi amiamo l’anziano competitivo, ad esempio, è quello che prova a vincere nello sport, rispetto ai giovani talenti. Il diversamente giovane è diventato una costante nello sport. Non è facile rassegnarsi allo scorrere degli anni.
Hidekichi Miyazaki e Stanislaw Kowalski sono gli ultracentenari più veloci della Terra.
Pertanto noi non saremo vecchi allo stesso modo in cui sono stati vecchi i nostri nonni. Questi “vecchi” che non lavorano più, viaggiano, acquistano, usano internet quotidianamente ed addirittura si rivolgono anche alla chirurgia estetica. In poche parole sono consumatori attivi.
L’immagine del vecchio saggio si va perdendo e lascia spazio all’immagine dell’anziano competitivo, che interessa ad una buona fetta di mercato.
Certo è che l’eventuale utilizzo delle smart drugs cozza con lo stile di vita sano che viene raccomandato e che deve iniziare da giovani (prevenzione). Oggi siamo “bombardati” da integratori veri o presunti, da elisir di lunga vita che ci riportano ai tempi del Far West e del Kickapoo Indian Cough Syrup e la Kickapoo Sagwa che vendeva tantissimo e di cui ancora oggi non si capisce bene cosa contenesse, quello che è certo non era l’elisir di lunga vita.
Lo stile di vita, di cui la prova del nove sono gli ultracentenari, è senz’altro un dato su cui riflettere. Le zone più longeve al mondo sono quelle dove c’è uno stile di vita sano, come ad esempio, l’isola giapponese di Okinawa.
Un altro interessante punto su cui l’autrice si sofferma è la “facile” acquisizione di questi prodotti che, ad esempio, in Italia, necessitano di prescrizione medica su ricettario quando non di un vero e proprio Piano Terapeutico redatto dai Centri autorizzati dalle ASL / ASP.
La facilità sta nella rete, in internet, dove è possibile acquistare prodotti, ma (badate bene) spesso non sapendo la composizione effettiva delle “pillole” acquistate. Questo crea molto disordine, ma soprattutto non tiene conto delle possibili interazioni tra i farmaci che in genere vengono assunti per altre patologie. Queste interazioni possono causare anche effetti gravi: anche “semplicemente” aumentando o inibendo il farmaco prescritto per altre patologie.
È giusto potenziare, ma con regole adeguate come da un capitolo ben decritto nel libro e da qui si inizia a parlare di neuroetica.
Fino a dove possiamo spingerci? Miglioriamo le nostre performance, ma cambiamo il nostro comportamento? Ed ancora: è eticamente accettabile che sia un farmaco a favorire una persona o a penalizzarne un’altra (che magari il farmaco non se lo può permettere)? Uno sportivo che si dopa viene squalificato se scoperto. Interessanti dubbi e quesiti.
Dove andremo in futuro? Correremo ancora più veloci all’inseguimento di un nuovo progresso, di nuove scoperte, delle nostre ambizioni? Per scoprire nuove vite, magari diverse dalla nostra, dimensioni superiori a tutti?
Per quanto riguarda la mia professione credo che la più grande aspirazione nella cura della persona sia quella, in maniera naturale, di avere empatia, passione, competenza, professionalità e, non ultima, umanità. Un atteggiamento che deve provenire dal nostro essere “naturali” e non artificiali. Già l’ascolto è una cura e l’impegno a preservare uno spazio per l’ascolto senza la mediazione dei robot deve essere perseguito con determinazione. Per continuare a stare bene non ci si deve lasciare andare, ma mantenersi propositivi con mente e corpo, avendo vecchi e nuovi interessi, ma soprattutto accettando i nuovi limiti.
Consiglio vivamente la lettura di questo saggio, mi piace definirlo così perché è pieno di notizie molto interessanti e, oltre a dimostrare la grande competenza ed altrettanta passione dell’autrice, da uno spaccato del mondo reale senza mezze parole, ma mettendoci davanti a quella che è la nostra vita attuale e da chi e cosa siamo circondati. Ogni capitolo è un’interessante scoperta, è uno scenario per molti versi nuovo, ma attuale. La scrittura è sapiente ed arriva al cuore ed alla mente. Auguro il successo che merita all’autrice e una sana lettura a tutti voi.
Dott. Antonino Maria Cotroneo
Direttore SC Geriatria OMV
ASL Città di Torino
Presidente Sez. Piemonte Valle d’Aosta AIP
Direttivo Naz. SIGG – AGE